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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Gilberto all'Alpe Campo

Un grande desiderio. Un grande uomo

Al varcare la soglia della baita i suoi occhi mi squadrano attenti. Non lasciano indovinare alcuna emozione: - sei arrivato giusto in tempo per la polenta… - .

Giochi di creste
Mangia Giochi di creste
Poco importa il mio parere in merito: c'è la polenta, sono invitato. L'aiuto a preparare, mi siedo e mangio.

Una stretta di mano un po' meno ritrosa della prima occhiata e sono di nuovo a casa. È come se avessi evitato per il rotto della cuffia, di mancare a un appuntamento atteso, scontato. Gilberto mi tratta come fossi una presenza normale, con l'affettuosa indifferenza asciutta con cui si tratta uno di famiglia.

Eppure è un anno che non ci vediamo. Probabilmente per ricordarsi il mio nome dovrebbe andare a sfogliare il libro della Capanna fino alla pagina dove due anni fa i ragazzi del Coro Alpino Stelutis avevano appuntato il loro nome. Eravamo al termine di una giornata memorabile, per noi non meno che per lui. Avevamo cantato in omaggio alla bellezza dei monti tra uno scroscio di pioggia e l'altro, protetti dall'imponenza del Tagliaferro, su una delle terrazze più esclusive delle Alpi. Gilberto, senza dar troppo nell'occhio, aveva fatto in modo che la polenta, il formaggio d'alpeggio e il vino ci sorreggessero nello sforzo. Nascosto nella sua ostentata indifferenza aveva scattato le foto che ora mostra a tutti orgoglioso. Alla fine però si era commosso e per questo aveva minacciato di farmela pagare.

Da allora sono tornato solo un paio di volte. In genere sono mosso dalla speranza di vedere la Est del Rosa che da qui si può abbracciare come da nessun altro punto d'osservazione. Ma le nuvole cariche e scure sono compagne fedeli alla mia attesa, e le gocce di pioggia che sulle prime balze della rampa si aggiungo a quelle di sudore, spengono ogni residua illusione. È allora che il vero motivo della fatica appare evidente: voglio andare all'Alpe Campo a trovare il Gilberto per la sua umanità e l'incanto in cui ha scelto di immergersi: una bellezza semplice che mi fa sentire a casa.

La "sua" casa lui l'ha costruita in anni, da quando agli inizi degli anni novanta mise gli occhi su quest'alpeggio abbandonato a metà strada tra Alagna e la Bocchetta della Moanda. La sua storia di prima fatevela raccontare: è fatta di passione per la montagna e per la sua gente e di intere estati trascorse tra la Margherita e la Gnifetti. È fatta anche di vie aperte sulla nord del Tagliaferro (!) e di amici accompagnati alla scoperta dell'Alpe.

Ma è da quando un'amica gli indicò l'Alpe Campo che la vicenda di Gilberto ha assunto i tratti più affascinanti della storia di un uomo vero e del suo desiderio. Quei quattro sassi abbandonati, oppressi dal loro passato, sono diventati l'avventura più grande della sua vita. Ha ricostruito un luogo e la sua storia, la storia dei suoi uomini e delle sue cose, che hanno un nome e te lo dicono. Lo ha riaperto al godimento stupito di chi ha la forza per risalire un'ora e mezza di rampa da Pedemonte attraverso l'incantevole frazione di Ronco e l'Alpe Wittwosma . Lo ha ridonato alla sua funzione originaria permettendo ai pastori di tornare a portarvi le vacche e i racconti di un inverno passato in pianura.

In questa impresa ha coinvolto anche altri: fatevi raccontare del caffè più caro della storia o di come sia riuscito a convincere tanti intorno a lui a credere in quell'impresa e ad aiutarlo.

Ultimamente si è inventato anche un lago perché chi lo va a trovare d'estate possa farsi un bagno rinfrescante a 2000 metri e c'ha messo una barca a remi (probabilmente la più alta delle Alpi) sulla quale poltrisce al termine delle lunghe giornate di lavoro.

Ciò che più impressiona, insomma, è come sia riuscito a ricreare un luogo bello, vivo e pulsante semplicemente riportandolo alla sua originaria funzione e restandovi fedele, con la passione per il passato e il realismo di cui sono capaci gli uomini di montagna. Non è un sognatore Gilberto. Un sogno, per restare tale, non deve realizzarsi: il suo si è realizzato, reale come i sassi delle pareti e dei tetti delle baite dall'Alpe Campo.


Mangia, 01/01/2001