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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Val Onsernone

Quel fettino d’Italia, circondato dalle montagne svizzere…

Fu
Nel profondo Canton Ticino c’è una enclave italiana. Per arrivarci bisogna passare dalla Svizzera, o da valichi sui 2.000 metri

Ci siamo scordati un pezzetto di “patrio suolo” oltre la catena dei monti a nord della Val Vigezzo, una sventagliata di monti senza strade e abitati. E adesso, per ritrovarlo, bisogna passare dalla Svizzera. Oppure attraversare la Bocchetta di S. Antonio, a 1.840 metri, partendo da Craveggia, lungo la Vigezzina. La valle dimenticata è la parte alta della Val Onsernone, mentre la parte bassa appartiene al Canton Ticino, percorsa da una piccola strada. Per noi, prima di interessarcene davvero, "Onsernone" era un nome un po' stonato che evocava una zona scomoda: boschi scuri, strade strette, versanti in piedi, vallecole laterali poco accessibili, cascate di ghiaccio (d’inverno) e torrenti incassati (d’estate). Il torrente Isorno percorre il fondovalle in una serie di gole auguste, tra le più impressionanti dell’intera Confederazione, dove non è che ne manchino. A complicare la toponomastica ci sono anche un torrente Isornino e un fiume Isorno, che si trovano in Italia, sempre in zona Ossola.
Qualche tempo fa nella vallata dell'Isorno si è proposto di realizzare un Parco Nazionale svizzero secondo solo a quello dell’Engadina (per informazioni complete www.parconazionale.ch). Tutto questo a pochi chilometri dalla mondana e lacustre Locarno, lontanissimo dagli ozi della solare Val Maggia. Qui l’italiano non si parla. Solo dialetti strettissimi. E la parte italiana?
Partiamo in missione, auto carica di sci e racchette da neve, bollino svizzero pagato, lunga e stretta è la via che risale la valle, partendo da Cavigliano. Già l'imbocco della strada comunica pensieri inquietanti: un impressionante ponte ad arco crollato (e come mai non l’hanno ricostruito?), raggiungibile a piedi in pochi minuti, offre il primo colpo d'occhio sul fiume che scorre molto più in basso, in viscere di roccia raramente baciate dal sole.
Tra una curva e l’altra, senza incontrare alcun veicolo in senso opposto, raccogliamo un curioso autostoppista: barba bionda, abiti alla tirolese e un certo afrore pastorale, non del tutto sgradito. Il nostro ci fa capire che proviene in autostop da Basilea (!) … avremo capito bene?… Comunque, nonostante le barriere linguistiche, il locale ci racconta alcune cose della sua valle.
Tra cascate di ghiaccio impressionanti, eccoci a Spruga, dove la strada termina. Da Spruga, addentrarsi lungo il fondovalle italiano richiede poco sforzo: subito dopo un simbolico confine, in località Bagni di Craveggia, l’escursionista si attarderà nella vasca termale con acqua sui 27 gradi… non moltissimi, ma sufficienti per un bagno invernale fuori programma. Il trattamento completo consiste in: tuffo nella vasca; rotolamento nella neve, rituffo e così via. Il problema è uno solo: non riuscire più a rientrare negli abiti gelati.
Tuttavia, l’idea di oggi è diverse: salire all’Alpe Pesced, sui 1.800 metri, e vedere bene dall’alto il tratto di valle italiano. L’intenzione sarebbe quella di organizzare una traversata di più giorni verso l’Ossola, e vorremmo avere una visione precisa di luoghi. Siamo un gruppo misto, chi con le racchette da neve, chi con sci da alpinismo. La salita è 1 a 0 per le racchette: oltre 400 metri di dislivello senza neve costringono gli sciatori a trasportare faticosamente gli attrezzi camminando con gli scarponi. Attraversiamo lariceti maturi su una mulattiera perfettamente conservata nel selciato originale, e a metà una baita tutta di legno è la casa di persone alternative come solo in Svizzera si può essere. Tra bandiere buddiste e sculture biomorfe, tra totem misterici e gatti oziosi, il clima è un po’ quello di Velina, in Valgrande. Si sale,ecco finalmente la neve. Arrivati zigzagando ad Alpe Pesced, ormai sopra il limite degli alberi, proseguiamo verso la cimetta, lontana un’ora, del Munzelum. Un altro esempio dell’ostica toponomastica locale.
Da sopra, tutto emerge con chiarezza, ogni ruga del rilievo, ogni risalto che cela, a volte, un laghetto, con le cime che riflettono il sole e le parti più profonde dei valloni già immerse nelle ombre violacee che precedono la sera. La parte italiana dell’Onsernone vista da qui appare un catino di monti, un plastico di quelli del trenino. La trasparenza del cielo annulla le distanze, perché da qui alla testata della valle (Pioda di Crana, 2.400 m) sono dieci chilometri tondi. E se la carta svizzera non mente sono 35 km quadrati di montagne e convalli, e un’ampia piana alluvionale, appartenenti all’Italia, ma privi di abitanti permanenti. Sui duemila metri, il lago Panelatte, sotto la sua coperta di neve, gelato tutto l’inverno, non si vede neppure, un breve tratto orizzontale nella severa verticalità dei monti – sempre dai nomi ostici, tipo Pizzo Porcarescio – che chiudono a ovest la valle. Queste plaghe erano pascoli appartenenti alle genti italiane di Santa Maria Maggiore e altri paesi della Val Vigezzo, il che spiega l’anomalia amministrativa per cui la valle italiana non è raggiungibile da alcuna strada carrozzabile italiana (anche se di recente qualche sconsiderato ha proposto l’apertura di una strada che dovrebbe arrivarci da Craveggia). Dal Munzelum dove ci troviamo si vedono però altri costoni, altri crinali, altri fondovalle. Tra cui anche quello della Valle di Campo, un'altra delle molte pieghe del profondo Canton Ticino… e sorpresa, scopriamo che anch’esso nasconde la sua fettina italiana ma accessibile solo dalla Svizzera… Cercavamo una valle e se ne abbiamo trovate due…
Mentre la notte sale dal fondovalle, scendiamo contenti e sudati, ovviamente la discesa vede un 3-0 per gli sciatori. Finiti nell’unico bar del paese davanti ad Ovomaltina fumanti, ci mostrano con orgoglio le foto del rifugio – nuovissimo – di Alpe Salei, non lontano dalla cima del Munzelum. Spruga è un paese minuscolo e decisamente isolato, c'è da scommettere che sono ancora tanti i figli e i nipoti dei contrabbandieri che battevano un tempo i sentieri tra i due Paesi. Ad ogni modo, c'è ancora qualcuno disposto a ricordare. E a raccontare di fardelli disumani, di percorsi oggi impensabili, di guerre, di cacce senza tregua... e senza confini.


Note sul percorso

La via più facile per entrare nell’Onsernone italiano è arrivare a Spruga, raggiungere con comoda stradina la località Bagni di Craveggia (terme, e piccolo rifugio italiano dei Cai di Malesco) e proseguire sul fondovalle. La quota è sui mille metri, d’inverno è una passeggiata fantastica con le racchette da neve.
Una traversata interessante (l’abbiamo percorsa in parte): partendo da Arvogno sopra Santa Maria Maggiore, in circa 3-4 ore si giunge al Lago Panelatte attraverso il Passo di Fontanalba, da qui percorrendo prima ripidi canaloni, poi il fondovalle si può raggiungere Bagni di Craveggia e in circa un’ora, Spruga. Il giorno successivo si rientra verso la Val Vigezzo attraverso la Bocchetta di S. Antonio, 1.840 m, completando così la traversata e giungendo a Craveggia, un paese che vale un viaggio.
Altre escursioni interessanti verso gli alpeggi delle valli laterali, come Alpe Larecchio.



Valentina, 18/01/2004