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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Rosa dalla Corsica

...di vento e di pietra
9 tappe sul GR20® per vivere la natura selvaggia della Corsica del Nord

Introduzione

Fin dall'antichità l'uomo ha dedicato al viaggio gran parte della propria vita, creando intorno ad esso tutto un mondo poetico, dove mito e realtà si sono fusi tra loro. Infatti il viaggiare costituiva in maniera determinante alla scoperta di nuove terre e all'accrescimento culturale. Il viaggio come conoscenza, per scoprire e cercare, fuori e dentro di sé.

Nel Medioevo divenne cammino verso la salvezza, pellegrinaggio, e fu considerato l'essenza stessa della vita spirituale di ogni cristiano. Ma al di la degli aspetti religiosi, il cammino era evasione, conoscenza, scambio culturale scientifico artistico.

Credo con queste stesse motivazioni è stato tracciato il GR20® .Creato nel 1972 e perfettamente segnalato, il Grand Randonée 20, è un sentiero che attraversa il Parco Naturale Regionale di Corsica, lungo una direttrice che si mantiene sostanzialmente oltre i 1400 di quota, per raggiungere l'altitudine massima di 2225. Nonostante le altezza modeste è un percorso di alta montagna, con dislivelli forti e passaggi su roccia, e che consente di scoprire il patrimonio naturale dell'interno della regione, lontano dalle stazioni balneari e dalla folla.


La preparazione per questo viaggio è stata lunga e meticolosa, per mettere a punto tutti i particolari, ed in special modo per la preparazione della zaino, strumento essenziale ed importantissimo. Camminare con il minor peso possibile è di estrema importanza, per la migliore risposta personale alla fatica continuata per più giorni. Ci siamo organizzati in gruppi tenda composti di 2 persone, e gruppi cucina da 4, al fine di economizzare sul peso delle attrezzature. Molti dei partecipanti erano alla prima esperienza di trek importante, ed Michele e Rossana i responsabili del viaggio hanno prestato la loro esperienza per sanare dubbi e perplessità, incertezze ed esitazioni che il GR20® procura prima di averti accolto.

Nonostante gli accurati preparativi non sapevo bene cosa mi aspettava. Non immaginavo quante volte durante il viaggio avrei pensato al cammino come conoscenza ed approfondimento, come capacità di trovare il silenzio e la pace di dentro, stimolata dagli spettacolari scenari che il sentiero regala. Ma è così semplice e naturale che basta avere gli occhi ed il cuore aperti.

Camminare sul sentiero è una utile esperienza che permette di mettere a fuoco cose di se ed aspetti del carattere degli altri, intreccia relazioni e scoperte; cinge in nuove amicizie, e permette valutazioni altrimenti impossibili. E' anche una grande scommessa personale. Spesso sul sentiero ho pensato ai viaggiatori del medioevo che scommettevano tutto di se per raggiungere una meta religiosa, per trovare forse uno spazio dentro di se, per un pezzetto di eternità. In montagna più che altrove è facile trovare quello spazio di silenzio e bellezza, per riconquistare una capacità di rapportarsi con gli altri ma anche con se stessi e la natura.
E' così bello sul sentiero, il sorriso ed il saluto di chi come te sta condividendo la stessa esperienza.

Solo a percorso finito ho sentito di essere stata catturata dalla magia del cammino, dai suoi tempi e dai suoi ritmi. Sono stata a casa sempre. Ho sentito di essere partecipe degli orizzonti spettacolari, dei colori e degli odori, della luce.

Ho avuto il tempo per godere dei cambi di luce del giorno e della notte, per inseguire il volo di un uccello, incantarmi sul movimento delle nubi, condividere gli affanni, seguire curiosa il percorso delle gocce di sudore che scorrono lungo le spalle, godere dell'abbraccio di un compagno, dell'acqua fresca sulla pelle accaldata, del piacere di essere insieme.

Non è solo un'attività fisica, è anche un percorso della mente, è un traguardo da raggiungere con tutti i sensi, primo tra tutti con il cuore. Per seguirlo il cuore deve restare leggero, correre tra rocce aguzze e pini larici, torrenti d'acqua e cielo blu. Credo sia la sola condizione per portare a compimento questa avventura. Poi l'abbraccio delle cime e delle valli glaciali cancellano la fatica e tutto il resto…. solo la strada, la vita sul sentiero, con i suoi ritmi, le sue esigenze, le sue ansie. Si può camminare da soli, in coppia, in gruppo. E il sentiero cambia, assume un sapore diverso, ma l'avventura è sempre uguale.

Diario di viaggio

primo giorno

Lasciato il campeggio a Livorno, alle 8.30 siamo già in mare con lo zaino in spalle, segno che l'avventura è davvero cominciata, anche se il nostro primo giorno è dedicato all'avvicinamento. Traversata stupenda tra le isole dell'arcipelago toscano ed il mare blu.

Bastia appare da lontano indaffarata con le sue navi, con il porto che sembra più grande di tutta la città. Un giro tra le strade affollate di turisti, per scoprirla dall'alto.

Alle 16.00 raggiungiamo la stazione.
Il treno che collega Bastia a Calvì sembra uscito da un film di Sergio Leone. 20 posti a sedere per 40 viaggiatori, carichi come i minatori del vecchio West. Preso posto in carrozza l'impressione è confermata: siamo indietro di trent'anni. L'unico vagone ha i comandi affollati da zaini e pacchi e si muove su di una minuscola rotaia, nel tracciato a scartametno ridotto scavato tra le rocce.

I massicci della Corsica del Nord sfilano in bella mostra con i loro profili affilati, e si specchiano in un mare blu intenso. Danno l'impressione di attendere immobili una carezza dolce, un passo leggero, per donare il fresco del loro verde mantello. Ma è solo una allucinazione nel caldo pomeriggio d'agosto. Il trenino corre nella calura ed il fragore delle rotaie impedisce la conversazione. Dai finestrini aperti verso il vento caldo, rimbalza il verde cupo delle alture da sembrare dipinto, irreale sulle vette granitiche e scistose. Il binario passa di fianco alla spiaggia, vacanzieri al dilà del passaggio a livello, aspettano di passare nella luce calda del tramonto.

Quattro ore per collegare Bastia a Calvì, interminabili, immobili, puzzolenti.
Giungiamo a Calenzana in taxi a sera inoltrata. I cartelli stradali hanno le indicazioni in due lingue, l'italiano e il corso.
La calma regna nel luogo dove ogni si accampano circa 10.000 escursionisti per iniziare o terminare il cammino sull'alta via corsa. Montato il campo e preparata la cena non si scherza più, ora si fa sul serio. Ultimo controllo all'attrezzatura e poi a dormire per la sveglia alle prime luci dell'alba.

secondo giorno

Calenzana è la tappa di inizio del cammino. I segni sulle tavole di legno e sulle pietre, ed i crain ci segnaleranno la via. Si sale attraversando il paese, superate le ultime case, il sentiero sale agile tra le felci arboree. Subito un balcone su Calenzana e Moncale lascia vagamente presagire gli immensi spazi per gli sguardi che questo sentiero può regalare. Alle felci si sostituiscono i pini marittimi. Si sale ancora per scoprire il mare e Calvì dalle rocce della Bocca di Ravalente.

Il sentiero mi ha già catturato, e mi ha risucchiato in uno spazio senza tempo, ed apparentemente senza regole, immobile ed imprevedibile.
La montagna rigogliosa mi accoglie con un abbraccio forte e struggente, le alte rocce scistose si elevano a guardia del viandante sul sentiero che porta i segni di una antica frequentazione umana. La via è lastricata di ciottoli di calcare. L'immagine è di un sentiero che conduce ad un vecchio santuario di montagna, ma so bene che il tracciato conduce oltre ed altrove. Si impenna impietoso verso Bocca a u Saltu. La foresta di pini protegge dal sole e forse dalla fatica. Si sale ancora sino al colle della Bocca a u Bassiguellu. La sella mi accoglie per po' di riposo, e lascia intravedere le rocce di Capu Ghiovu.

Un traverso nel Bois de la Fratte, un bosco di bellissimi larici, e poi i primi passaggi su roccette permettono di ascendere velocemente, valicare ed avvistare la sagoma rassicurante del Rifugio Ortu di un Piobbu. Sul lungo traverso a mezza costa il rifugio scompare alla vista, per poi sorgere al termine di una salitella su rocciette.

Sono a casa. Metto a punto la sequenza di operazioni da rifugio: doccia bucato pranzo. Sento di essere così a casa tanto che tutto mi appare naturale, usuale, sempre fatto, eppure sono al mio primo trekking. Mi sento dentro, parte integrante, è una sensazione appagante e meravigliosa.

Il cielo si rabbuia, il blu si trasforma in grigio e copre l'altura del Monte Corona. Ma il tramonto sgombro di nubi ci regala rossi carichi sul pratino dove raccolgo le prime impressioni, le prime emozioni, le prime tenerezze del gruppo di viaggio. La cena sulle luci della sera è fuori dal tempo, dalle consuetudini, in una dimensione più a misura di individuo. Mi posso permettere il lusso di ascoltare anche le vene che pulsano calde sotto la pelle, nell'abbraccio di un luogo aspro e solitario, ma rassicurante. Il lusso di ascoltare la luce che si spegne nella sera. Si la posso ascoltare con tutti sensi, non solo con gli occhi.

Le chiacchiere alla fonte per lavare le stoviglie, sono quelle delle vecchie signore di una volta, sembra uno scherzo, ma è tutto vero, i ritmi in montagna li decide il sole.
Chiudo la lampo della tenda e niente altro che sonno ristoratore.

terzo giorno

La colazione nella bruma del mattino è una sensazione bellissima. Il caldo tè scalda anche il cuore, mentre la luce riscopre ogni particolare. Allacciati gli scarponi si parte. Solo roccia, solo granito levigato sotto gli scarponi mentre si sale, e alte pareti a sorvegliare la marcia. I blocchi di pietra si avvicinano un po' minacciosi sino a quando il sentiero le abbraccia. Il granito cambia colore da grigio diventa rosso. Il sentiero porta allo scoperto, il paesaggio è mozzafiato. Lo sguardo raggiunge la costa. Punta Piscigghia è una spettacolare terrazza verso la costa e verso le creste rocciose dei massicci dell'interno. Cime aguzze si rincorrono. La sensazione che provo è di essere in un luogo antico sapiente stupendo. Mi vengono in mente certe cattedrali gotiche con gli alti pinnacoli protesi verso il cielo. O forse i castelli delle favole. La valle molto in basso scompare nell'aria carica di umidità.

Il sentiero si mantiene in quota, mi sembra di camminare tra le nuvole e il granito rosso cupo delle pareti. Mi fermo a guardare incantata. Nessun pensiero riesco a formulare, solo la felicità di essere, per poter custodire nella memoria le immagini di un paesaggio grandioso, dove regna sovrano il vento.

Raggiungo tra la sella di Bocca Carozzu, per oggi non si sale più. Comincio a scendere tra i massi e la ghiaia fastidiosa, desiderosa di vedere una sagoma, ma il rifugio non si lascia scoprire alla vista. Scendo ancora a fatica, quando come in una valle incantata appare all'improvviso la radura con il tetto di tegole. Scendo, traverso il torrente e sono di nuovo a casa.

Ma le sorprese non sono finite. Ultimate le operazioni di rito c'è una novità: un profondo tuono, e pochi minuti bastano a far montare le nuvole e a far precipitare giù grandine e pioggia. La temperatura scende velocemente, e la montagna cambia, da accogliente e protettiva, diventa pericolosa e cattiva, ma è solo una elaborazione della mente, la montagna è li immobile, sempre uguale. Con il sereno torna bella e i suoi colori appaiono più splendenti, il verde degli alberi è più verde, il blu del cielo è più blu, il granito rosso è più rosso, sembra passata con il belletto. E mi tornano in mente i versi del grande poeta che ha descritto "la quieta dopo la tempesta", e mi sembra solo adesso di capire.
Solo il ruscello, ingrossato, canta.

quarto giorno

Traversiamo il torrente Spasimata su di una passerella di acciaio, ed ci arrampichiamo sulla sua riva sinistra. La gola profonda ha paesaggi meravigliosi tra Punta Spasimata e Capu Penne Rosse che ancora permettono di vedere la costa ed il mare. Ci si eleva velocemente tra e rocce ed i piccoli faggi di quota, per raggiungere un costone roccioso che custodisce il piccolo bacino della Muvrella, con la sua acqua verde-blu di montagna. E' un piccolo gioiello tra le rocce, che conducono al Passo della Muvrella, un belvedere tra le alture del Monte Cinto e le rocce di Punta Culaghia. Ancora la baia di Calvì negli occhi per l'ultima volta. Poi il sentiero è risucchiato da una cengia a strapiombo sulla valle erbosa. Si cammina sull'interstrato. Ho la sensazione che le suole degli scarponi si incollino al granito.

L'anfiteatro roccioso è così bello da non potersi descrivere a parole. Cammino facendo attenzione ai passaggi su roccia per raggiungere Punta Culagghia: una grande indicazione segnala la direzione per raggiungere la stazione sciistica di Ascò. Dalla sella non ho voglia di scendere, vedo in basso auto parcheggiate ed impianti di risalita. Aspetto indecisa, mi volto verso la valle bellissima e comincio a scendere. Il pungente odore di resina mi avvolge e tra le rocce sospendendo il giudizio, non desideravo vedere "civiltà". Nonostante sia una piccola stazione sciistica di montagna, ha un forte impatto visivo, stridente al confronto con i monti che mi hanno abbracciata in questi giorni. E' uno schiaffo che mi riporta alla consuetudine di cui avevo perso le tracce da qualche giorno. Solo la doccia calda ed un frutto mitigano la sensazione di essere nel posto sbagliato.

quinto giorno

Fare colazione con la luce che si fa strada nella notte è un'emozione sempre forte. Le piste da sci sono velocemente alle spalle nel bosco di pini grandiosi. Il semplice sentiero lascia spazio ai pensieri e alle chiacchiere tra amici. Con piacere raggiungo il vecchio rifugio Altore ed il suo antico lago glaciale. Sotto i passi il paesaggio muta, solo roccia rossa, un presagio, la Forcella di Col Perdu si avvicina.

Valicato il colle pietroso, percorro con ansia la breve cengia: il Circolo della Solitudine è tutto nei miei occhi. Mi sposto più in alto per vedere meglio, è la roccia che regna sovrana. Il sentiero è ingoiato nel precipizio sotto i miei piedi, dove riconosco a stento i segni bianchi e rossi, e gli escursionisti sul sentiero. Sento una strana emozione. In verità non so perché questo passaggio tra le rocce è stato denominato "della Solitudine", quello che provo è pace in questo stupendo anfiteatro di pietra …e un po' di odore di adrenalina. La discesa non lascia spazio alla distrazione cercando i passaggi per scivolare giù nella profonda gola. Il Monte Cinto occhieggia lontano.

Traversiato il fondo della gola sullo sfasciume si risale. La roccia lucida di acqua brilla nella limpida luce del mattino. La salita è agile e veloce, tra possenti faraglioni di roccia.
Svalicato il colle di Bocca Minuta il paesaggio muta ancora. Scomparse all'improvviso le rocce, i faraglioni, i precipizi. Tutto è più morbido da apparire irreale al confronto con il sentiero appena percorso. Avevo letto che il randonée ha dei cambi di paesaggio radicali, ma non avrei immaginato tanto. La valle è percorsa dal Torrente Strancione, che gioca tra le rocce di granito bruno in piccole cascate. Scendo accanto al torrente, l'acqua trasparente è fresca, invitante. Parlare di paradiso è solo dire parole incapaci di trasmettere emozioni. Anche l'aria è ferma, immobile.

Raggiungo la Bergeries de Ballone. E' una piccola costruzione di legno incastonata nella valle tra il Monte Albanu e il Col de Serra Pianella. E' l'abitazione di un pastore, che offre ospitalità ai viandanti. Ci arrivo dall'alto come un uccello. Mi sembra il luogo di sosta più bello incontrato sul randonnée. E' il regno del vento e del silenzio.

Piccole tende di pizzo alle finestre l'unico vezzo che Nicola, il pastore calabrese, ha concesso alla sua casa. Gioco ad immaginare questo posto con uno strato di soffice neve. Monte Albanu mi ricorda Serra di Crispo con i suoi pini secolari, ed è facile sovrapporre le immagini. Decido che devo tornare ancora, per rivedere gli strapiombi di granito abitati dai pini larici, gli orizzonti e la luce.

La cena servita sulla terrazza con la luna che sorge ha in sapore di magia, mentre la notte copre ogni cosa anche su questo gioiello di legno. La sera con la sua luce liquida, nera, non ricopre la bellezza del posto. Anche se la festa dei colori è finita queste montagne conservano tutto il loro fascino. Provo a ricordare le sfumature, le tinte.

Sul sentiero i colori sono tutto. E' il blu del cielo che occhieggia dietro le alture. E' il verde delle foreste. E' il bruno della pietra. E' l'oro del sentiero. Il colore s'incresta, s'impenna, si rincorre tra le rocce, si nasconde tra le montagne, luccica nelle acque dei torrenti. Forse sarà per questo che il randonnée attrae ogni anno migliaia di escursionisti.

sesto giorno

Un saluto affettuoso a Nicola, la promessa di tornare e siamo nuovamente sul sentiero che si allontana dagli ovili di Ballone inoltrandosi nella Foresta Demaniale di Albertacce, sulla sinistra orografica del torrente Viro. Passati sul margine opposto del torrente, pochi passi nella pineta ed il Paglia Orba ci mostra il suo versante est. Pini larici vecchi di 400 anni fanno da corona a questa possente visione, mentre camminiamo nella Valle de Foce Ghiallu. Commentiamo quanto sia appagante con questi orizzonti il camminare con lo zaino in spalle.

Il sentiero monta sulla sella di Col de Foggiale, ed il rifugio Ciottoli di i Mori è già all'orizzonte. Una sosta festosa attendendo gli ultimi del gruppo, e per poter notare quanto ancora il paesaggio sia mutato ancora. Un'altra valle si dischiude: il Vallone di Tula, che percorriamo sino a raggiungere la stupenda Valle del Golo.

Le acque del Torrente Radule si tuffano in piccole cascate. L'acqua ghiacciata esercita una forte attrazione, è un potente tonificante lungo il cammino. Anche senza sole ci bagniamo. Mi torna ancora la sensazione di essere fuori dal tempo.

Dopo una lunga pausa riprendiamo il cammino lungo i salti d'acqua. La pallida Foresta Valdu Niellu protegge l'ultima parte di questa giornata di cammino. Gli Ovili di Radule sono arroccati sopra le cascate. Piccole stanze di granito scuro, si mimetizzano tra le rocce, a renderli visibili gli attrezzi per trasformare il latte di capra, appesi all'esterno dell'abitazione. Passiamo oltre, mi giro indietro e come per gioco la bergeries è scomparsa tra le rocce.

Le betulle di verde tenero fremono al minimo alito di vento. Salendo cedono il posto ai faggi. Su un'altura gli impianti di risalita di Castel di Verghio rompono l'incanto del bosco.

settimo giorno

Il sentiero attraversa la Foresta Demaniale de Valdu Niellu alberata di betulle, faggi e pini larici bellissimi. Sale serpeggiando verso il Col de Saint-Pierre. I faggi sono pinate enormi, con le radici possenti che attraversano il sentiero. Sembrano arcaiche mani guantate di muschio. Dopo il bosco morbido nuovamente rocce lontane.

L'antico sentiero pavimentato di lastre di granito conduce sulla Cresta di San Tomaghiu, valicato il quale, il randonneé scendere dolcemente verso il Lago di Nino. E' una torbiera, morbida e vellutata, dove alpeggiano mandrie di vacche e cavalli. E' una immagine che ha il sapore di antichi ricordi di infanzia. Qualcuno accarezza i docili ponyes. Mi piacerebbe galoppare veloce sul morbido della torbiera.

Di nuovo rocce e pini larici sino alla Bergeries de Vaccaghia. I pastori seduti sul cortile di pietra scambiano volentieri chiacchiere con i viaggiatori, ci sentono come vicini, accomunati dallo stesso passato, che riemerge nelle pieghe del loro idioma e del nostro dialetto. Hanno le facce di certi pastori lucani, con le mani grandi e forti, e gli occhi guizzanti, attenti a cogliere le intenzioni dei forestieri. Ma dolci invitano ad assaggiare il vino ed il brocciu.

Traversate le pozzatine del Plan di Campotile, alimentate dal Ruscello de Manganu, altre bestie docili ci lasciano il passaggio. Il Rifugio Manganu è arroccato sulle alture di Punta di a Femmina Morta.

La terrazza con i tavolacci e le panche di legno, è rivolta verso il sentiero appena percorso, la bergeries e la torbiera. Sembra una cartolina di Inghilterra, con le cime arrotondate all'orizzonte e il cielo grigio piombo, pesante e minaccioso. Le nuvole lasciando passare il sole, liberano una pioggia pesante. Mai un giorno uguale all'altro, sempre sorprese, continue mutazioni.

ottavo giorno

La spettacolare ascensione alla Breccia di Capitellu sorvola le torbiere d'alta quota. Il paesaggio muta gradualmente, il morbido degli alpeggi lascia spazio solo alla roccia. Il passo è uno straordinario varco nella linea di cresta, è il punto più alto che si raggiunge sul GR20® e lo spettacolo che ci regala irto di guglie è mozzafiato. I rilievi si specchiano 500 mt più in basso nei laghetti glaciali del Capitellu e del Lago di Melu. Il sentiero è nascosto nelle pieghe della roccia.

Il lungo traverso che dalla breccia porta alla Punta alle Porte e valica a Bocca a Soglia, è una lunga passerella aerea sulla linea di Cresta della Rinella. Dovunque si posi l'occhio impera la pietra, possente antica immobile glaciale. E' per la prima volta sul GR20 sento quanto può essere dura la montagna, impietosa, ma carica di una saggezza che non riesco a comprendere. E' uno stupendo deserto di granito sino al Col de la Haute-Route, valicato il quale si apre alla vista l'ampia valle del Manganellu.

Scendo sino a raggiungere il Rifugio di Pietra Piana, una sosta breve passiamo oltre. La ripida discesa che scorre accanto al Manganellu è l'antico sentiero usato dai pastori della valle, lastricato di grigio granito. Il pranzo e la lunga pausa accanto ad una pozza luccicante, serve ad interrompere la fatica della lunga giornata. Abbiamo deciso di collegare 2 tappe oggi.

Ripreso il sentiero attraversiamo la bellissima Foresta Comunale de Vivario: è uno spettacolare susseguirsi di pini larici altissimi. Si scende implacabilmente sino al Bergeries de Tolla, i 1400 metri di dislivello in discesa pesano tutti sulle ginocchia.

Il ponte di legno sul Manganellu rompe il silenzio del bosco, per segnare l'inizio della salita verso il Rifugio dell'Onda. Camminare sull'ampio sentiero forestale nella pineta di larici è piacevole nelle ultime ore del pomeriggio. Si erpica sulla destra orografica del Torrente Grottaccia, è una sorta di varco tra la pineta che resta ordinatamente a destra del sentiero e la foresta di faggi a sinistra. Il sole caldo del pomeriggio esalta le essenze di resina e muschio, e l'aria si carica di profumi balsamici.

Dopo molte ore di cammino, e la lunga ascesa nel bosco, l'arrivo è carico di emozioni. La giornata è stata lunga e faticosa.

Il rifugio è una piccola costruzione di pietra, incastonata tra i pratini e la parete rocciosa. Gli orizzonti sono tornati aspri e forti, ma una nebbia inaspettata copre tutto, sembra novembre. La montagna ci riserva sempre nuove sorprese. Poco basta a cancellarla e nuovi panorami si svelano, tornano le guglie e le creste affilate.

nono giorno

Ultimo giorno di cammino, tappa finale della parte nord del GR20® e con un nodo in gola affronto il termine di questa grande avventura. La salita sino alla cresta ventosa del Muratello regala gli ultimi orizzonti di pietra del sentiero. La fatica oggi ha un altro sapore, è il commento di tutti. Lo zaino non pesa più, è l'ultimo granito da accarezzare, gli ultimi larici da ammirare, gli ultimi orizzonti per i quali emozionarsi e per tornare.

Spesso mi volto in dietro per riempier gli occhi di immagini e custodirle.
Il sentiero strapiomba nella valle dell'Agnone, verso le Cascate degli Inglesi. L'acqua ha un colore unico sull'alta via corsa: azzurro-verde trasparente, fresco ed invitante. I giochi d'acqua tra i massi di granito levigati danno refrigerio anche solo ad ammirarli, ed è forte l'invito a bagnarsi, a stemperare la stanchezza nell'acqua cristallina.

Ogni ansa è un'oasi, un invito al piacere e alla calma. Il bosco di faggi della Foresta Demaniale di Vizzavona sulla destra orografica dell'Agnone, fa da contrappunto alle pareti rocciose, verticali, del massiccio del Monte d'Oro. Una passerella di legno scavalca i primi salti d'acqua delle Cascate degli Inglesi. Il fragore dell'acqua copre le voci dei vacanzieri venuti a godere del fresco. Vasconi e toboga si rincorrono in giochi d'acqua bellissimi. Una sosta è d'obbligo prima di abbandonare il sentiero. L'atmosfera nel gruppo è festosa, giochiamo con l'acqua fresca di una cascatella nell'ampio vascone.

Il ponte di legno segna la fine del sentiero e l'inizio dello stradone forestale. Il sentiero con il suo comodo procedere indica che le strade di montagna sono finite. Inutile voltarsi indietro sull'asfalto di Vizzavona: le alture del GR20 sono lontane.

Siamo al termine del nostro camminare, si torna alle auto e agli alberghi ai ristoranti, alla consuetudine cui ci eravamo dimenticati in questi giorni.

Non è finita una vacanza è terminata una grande avventura personale e di gruppo.

Credo che nessuno di noi è più uguale a quanto è partito. Il cammino ha segnato tutti.
"….un viaggio non è cercare nuove terre da esplorare ma avere nuovi occhi….", è lo slogan che indosso sulla maglietta pulita dopo la doccia.

Rosa, 03/07/2001