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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Il silenzio del vento - Jon Krakauer

"Per quanto non siano leggeri i libri possiedono una proporzione grammi/minuti di intrattenimento che prevale agevolmente sugli stupefacenti."
Jon Krakauer

Jon Krakauer  - Jon Krakauer - Il silenzio del vento
Il silenzio del vento
Jon Krakauer
Corbaccio
Pagine210
Prezzo14.46 €
Voto****
A qualcuno questo nome non risulterà del tutto estraneo. Jon Krakauer ha già scritto Aria Sottile, un resoconto amaro e polemico sulla tragedia del maggio '96 sull'Everest, un'accusa implacabile al sistema di scalate a pagamento sul tetto del mondo.

Ci hanno fatto pure un fallimento di film, mediocre e infarcito dei più vecchi luoghi comuni sull'alpinismo. Il titolo? Neanche lo ricordo.
Ma Aria Sottile è stato anche un evento librario, una ventata d'aria fresca nell'asfittico e stantio panorama editoriale della montagna. Probabilmente per due ragioni semplici semplici: perché la storia, vissuta in prima persona, è di quelle che una volta chiuso il libro non si dimenticano, ma soprattutto perché Krakauer è uno che, pur avendo fatto nella vita di tutto un po', la penna la sa far scorrere sul foglio davvero bene.
In questo secondo libro troverete dodici storie, molto diverse tra loro, autobiografiche e non, e scritte per importanti riviste di "settore" ( ma l'ultima è inedita), che si lasciano leggere senza fastidi e fatiche, onestamente, e poi qua e là, a dar gusto, qualche assolo da catturare e conservare, da trattenere come una confidenza, come certi discorsi la notte tra amici, andando sotto la luna e le mani dietro alla schiena.

L'ASSAGGIO:
"La roccia è calda, il cielo di settembre, cristallino e assolutamente quieto.
Intorno a me, così vicine che posso quasi toccarle, le Aguilles si alzano una dopo l'altra come onde senza fine. Ecco la cresta del Monte Bianco e le sottili guglie del Peutery; e laggiù, Grèpon e Charmoz, il Dente del Gigante, le cime gemell dei Dru, il formidabile profilo delle Grandes Jorasses.
Per la maggior parte della mia vita, ho letto di queste vette, ne ho guardato con occhi sognanti le foto sfumate, ritagliate dalle riviste e incollate sulle pareti della mia stanza, cercando di immaginare la consistenza del loro granito stratificato.
Si sta facendo tardi. Devo incominciare ascendere, subito, o perderò l'ultima funivia per la valle. Ma una piacevole sorta di tepore, tutta particolare, mi scivola su per la spina dorsale, e sono restio a fermarla prima che possa giungere ovunque stia salendo.
"Ancora cinque minuti", contratto con me stesso ad alta voce. Quaranta metri sotto i miei piedi, l'ombra della Tour Ronde si allunga sul ghiacciaio come un gatto.
Guardo l'orologio, è passata un'ora. A Chamonix, le strade sono già buie e i bar incominciano a riempirsi di scalatori e di piloti di parapendio di ritorno da grandi altezze.
Se adesso fossi laggiù a dividere il tavolo con qualche spiritato erede di Messner, Bonatti o Terray, la mia salita sulla Tour Ronde sarebbe probabilmente troppo banale per farne parola.
Quassù, sulla cima della montagna, la mia cengia offre una prospettiva diversa.
Le cime scintillano ancora nel sole autunnale.
Le pareti ronzano di storia, il ghiacciaio deserto vive di luce.
"Ancora cinque minuti", mi dico di nuovo. "Solo cinque minuti, e poi incomincerò veramente a scendere."

Fu, 01/01/2001