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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

La Bola del Mundo

La mia Alaska mordi e fuggi per una domenica mattina

Mi lamento spesso della desolazione della Meseta e ironizzo sulle possibilitá offerte da quella che per un sano pudore i madrileñi non osano chiamare "montagna" ma "sierra".

Beh, ormai ero al limite dell'astinenza sopportabile, cosí sabato sera preparo tutto e l'indomani poco dopo le 8.00 arrivo al parcheggio, quasi vuoto, del Passo di Navacerrada.

Obiettivo la Bola del Mundo 2260 metri; un osservatorio con ripetitori televisivi da cui si domina tutta la Castigla come fosse un Mappamondo (Bola del Mundo, appunto).

Il vento sembra bello tosto: sballotta la macchina da ferma. Calzo le pedule in fretta e sono fuori. Risalgo il costone seguendo la linea di uno dei tanti skilift ormai in disuso.

Cerco di mettermi a riparo dal vento spostandomi da un crinale all'altro, e ogni volta giureri che per proteggermi dalle raffiche dovrei cambiare di nuovo. Sembra che su quel costone si scontrino le correnti da NordOvest e quelle da SudEst, dove sta nascendo il sole; beh, se cosí è, io ci sono in mezzo.

In mezz'ora sono quasi al termine del costone, e il vento si fa sempre piú impetuoso. Il sole sorge a Est e il suo vento mi prende di fronte spingendomi indietro. Riesco a mettermi al riparo dietro la stazione di arrivo della seggiovia che ho seguito finora. Per procedere devo indossare anche la giacca a vento e gli occhiali e camminare prima contro vento e poi inclinato a destra per poter reggermi in piedi contro le raffiche di taglio.

Barcollando eccomi alla Bola: sembra un rampa di lancio di improbaili missili ciccioni; vi trovo una coppia di escursionisti con tanto di ramponi e picozza. Saluto e proseguo con il vento ora di spalle. Provo a saltare di passo in passo e a ogni passo il vento mi spinge per un paio di metri: mi sembra di essere un astronauta sulla luna.

Scendo verso i campi da sci di Valdesqui. Il parcheggio non è del tutto pieno, come dovrebbe essere di domenica mattina: il vento non permette di aprire gli impianti piú alti e presto i primi autobus se ne vanno. Non è giornata per gli sciatori di Madrid.

Scendo spinto dal vento sempre piú forte e decido di abbandonare il crestone per spingermi verso il crinale di pinetti e rocce che dovrebbe riportarmi verso Navacerrada. Indovino in lontananza i sentieri che tagliano tutto il crinale, ma non sono sicuro che potró attraversare gli ultimi valloni che da qui non posso valutare. Poco male, alla peggio risaliró e torneró da dove sono venuto.

I ghiaccioli ventati scricchiolano sotto gli scarponi e l'aria si riempie dell'aroma di resina che scaturisce dai pinetti che schiaccio senza pietá. Un paio di valloni poco invitanti - sotto ci potrebbe essere dell'aqua - li attraverso con un po' di timore. Sto per entrare nella pineta, quando mi fermo, perchè la pendenza si fa importante. Risalgo un poco e da qui posso vedere nitidamente una traccia che dalla valle principale taglia in orizzontale fino alla meta. Si tratta solo di arrivarci, ma di sentieri qui non se ne vedono.

Mi fido dell'intuito che a volte mi ha accompagnanto nelle avventure in Valgrande, non sempre con successo. Qualche traccia di animali nella neve: penso a cinghiali, non credo ci siano altri animali da queste parti. Se ci passa un cinghiale, ci passeró pure io... ma niente a parte qualche traccia di nessun conto.

Gli ometti sono le creature piú simpatiche tra le rocce di montagna e d'improvviso mi pare di vederne uno. O per lo meno è un sasso su una roccia. Mi fermo e guardo con cura. Poco sotto un altro e questa volta i sassi sono almeno due. Piú sotto altri; non c'è dubbio, è un sentiero. Prendo la linea segnata dagli ometti che scende decisa; mi dedico a sistemarli e in breve sono nel fondo della valle. L'attraverso ed eccomi sul sentierone. Un'ultima cavalcata, in parte correndo sospinto dal vento che ora è carico di nuvoloni e arrivo al parcheggio ora pieno di gitanti da orari tranquilli.

Non sono ancora le 10.30. Faró in tempo a essere a casa per messa e pranzo con la famiglia. Una breve pausa di Alaska prima del ritorno alla Meseta di Madrid.




Mangia

Mangia, 17/02/2008