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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Cronache laziali

bocchette centrali brenta
Giomo bocchette centrali brenta
Il pandino di Olivier arrancava sobbalzando sulla strada per S. Polo dei Cavalieri. Khaled urlava "didi didi" nella cassa sinistra, quella di destra si aggiungeva a suo piacimento, più spesso quando l'ammortizzatore centrava un cratere particolarmente profondo. Andavamo così in una di quelle magnifiche giornate d'inverno che solo intorno Roma trovi. Dritti verso Monte Morra, una falesia storica, due placconate compatte di calcare bianco che hanno visto intere generazioni laziali spellarsi mani e ginocchia. Una volta ci trovai persino Gigi Mario, il monaco zen dell' arrampicata, con tanto di ramponi ai piedi e con cliente al seguito sulla Zapparoli. Lo allenava per una salita di misto al Bianco. Stranezze tipiche del Morra. Un anno invece il Ditta e lo Zotico aprirono una variante tutta adrenalina nel settore basso, una viaccia piena di marcio e di equilibri precari. Neanche sei mesi dopo franò tutto. Tipico di noi allora.

Avevo deciso di tornare al Morra un po' perché lì ci ho lasciato i sogni belli di una adolescenza scanzonata e sciamannata e gli amori eterni di quell'età lì, un po' perché Monguz non lo conosceva ed era una occasione per provare le su nuove "red chili".

Io in realtà già lo sapevo il perché, e Olivier che mi conosce bene l'aveva capito anche prima di partire: per me era solo un buon pretesto per infilarmi con qualche scusa plausibile nell'osteria di S. Polo dei Cavalieri, mischiarmi al fumo di sigaro e alle risate dei vecchi col cappello sempre in testa, e bere senza pietà quartini di bianco, col mignolo alto e lo schiocco finale della lingua sul palato, a dire che siamo uomini anche per questo!

In effetti andò così: una via e mezzo, un paio di doppie, due ore due a menarla su e poi giù filati al paese che col primo buio arriva anche il freddo e dalla Maria c'è un caldo buono che aspetta solo noi, insieme al vino e alla carne secca di cavallo e a quella pizza allo stufato di cinghiale (sic!).

Ecco tutto: una giornata memorabile tra amici, dove la montagna è stata una buona ragione per raccontare di volti incontrati, anime belle e compagni di strada.



Fu

Fu, 01/02/2000