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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Notte Piovosa

Un dopo-ufficio un pò particolare

vista dalle rocce della Grignetta
Turra vista dalle rocce della Grignetta
Perche’?
La domanda mi rimbalzava nella testa. Erano le 22.15 di un piovoso giovedi ed io stavo prendendo il biglietto al casello autostradale di Lainate.
Dietro di me il cane sonnecchiava nel bagagliaio magari immaginando qualcosa.

Ma andiamo per gradi. Lunedi’ Aurora e’ partita per lavoro, e’ andata in Francia di malavoglia, tornera’ venerdi pomeriggio, scioperi permettendo. Il tarlo ha iniziato subito ad insinuarsi: andare giovedi dopo il lavoro in montagna e presentarsi il giorno dopo all’aereoporto a prenderla.
Adesso sono in strada, so che ci vorra almeno un’ora per arrivare a Borga e da lì 1400 metri di dislivello, da fare al buio con la torcia in mano, per arrivare all’accogliente alpe Pianal.
Rimpiango la mia frontale rimasta in Valgrande in un bivacco da pescatori, mai sostituita per pigrizia.

L’ultima volta per salire a Pianal ho impiegato due ore e mezza ma non pioveva e non avevo trovato neve alta. Insomma prima delle 2 non saro’ da nessuna parte ed inizio ad essere un po’ stanco, la giornata lavorativa e’ stata abbastanza dura.
Ma poi la neve ci sara’ o non ci sara’? Certo che mi sarei potuto anche un po’ informare! Il tempo invece sara’ sicuramente sempre brutto (se non m’informavo sarebbe stato meglio!) comunque al primo autogrill un caffe’ non me lo toglie nessuno…bha, che pensiero profondo sembra quasi uno slogan pubblicitario…

Perche’ una persona sana di mente deve aver voglia di imbarcarsi in un’avventura cosi’ sbilenca?
Il primo impulso e’ quello di non rispondere alla provocazione. Ognuno ha le sue stramberie ed io mi tengo le mie, ma mi sembra una soluzione troppo di comoda. Inizio a ragionare per esclusioni. Sono contento della mia vita fatta, in ordine assolutamente sparso, da casa, moglie, gatti, cani, figlio in arrivo, pesci tropicali e piante. Non mi sento l’insoddisfatto di turno alla ricerca di “un qualcosa” per dare un sapore ad una vita insipida.
E allora perche’ sono qui? Ma poi sara’ veramente cosi’ o continuo a ripetermelo perche’ voglio autoconvincermi?
A Pianal di notte ci sono gia’ stato lo scorso ottobre quindi non e’ neanche il gusto della prima assoluta, dell’impresa, anche se impiegarci meno tempo dell’altra volta mi farebbe piacere. Sicuramente il senso dell’avventura ed il testare se stessi in una situazione di stress privandosi di certezze entra in gioco, ma non e’ solo questo.

Riflettendo e ascoltando un sottofondo fatto di pezzi d’annata di Branduardi e dei Nomadi esco dalla strada principale e mi avvicino a Borga. Qui l’ottobre scorso una vocina mi aveva sussurrato di lasciar perdere, mettersi a dormire in macchina nel caldo sacco a pelo e farsi un giretto il giorno dopo, tanto la montagna e’ sempre la’ e non la porta via nessuno…
Ma no… troppo facile.

Anche questa volta blocco sul nascere il tentativo di ammutinamento. A Pianal questa notte ci sarò; domani dormita fino a tardi ed un bel fuoco nell’accogliente baita. Quando saro’ in cima mi premiero’ addirittura con una sigaretta …ne fumo cosi’ poche: questa, scroccata a fine giornata da un collega, sarà una sorta di ciliegina sulla torta e un ricordo dei vecchi tempi e delle tante sue compagne fumate.

A Borga arrivo come un partigiano e con la stessa destrezza abbandono l’auto, libero il cane, carico lo zaino e mi appresto a divorare la salita. Nella Borga dormiente nessuno sembra accorgersi di me.

La prima parte della salita passa veloce.
Bastano pochi passi e tutto viene dimenticato, in un attimo mi sento subito avvolto nella pioggia e nel suo odore. Dall’auto sembrava una nemica ma dentro nel bosco non e’ poi cosi’ insopportabile. Peccato che i suoni del bosco siano coperti dal gocciolio sulle foglie e sui i tronchi, ma in fondo anche questo e’ un suono decisamente piu’ piacevole rispetto all’ossessivo rumore dell’impianto di condizionamento che scandisce le mie giornate.

Salgo dapprima la scalinata, un’opera imponente. Ogni volta mi ci trovo dinanzi penso a chi ha trascorso l’esistenza ad ammonticchiare pietre per fare mulattiere e muriccioli con una serietà ben lungi dalle motivazioni alla base di tutte le mie escursione montane.
Alcuni cartelli dell’ente parco lo rammentano, comunque anche senza cartelli e’ impossibile non riflettervi, ed io mi vergogno sempre un po’ quando passo di qui. Chissa’ poi perche’.

Arrivo velocemente al primo poggio dove sorge una cappelletta che custodisce al suo interno un semplice affresco ed una frase che ogni volta mi colpisce per la sua forza.

“Chi crede nella Natura e nell’Infinito canta la Gioia, la Liberta’ e la Vita”.

Mi riprendo velocemente dall’impietoso confronto tra il mio tempo da buttare e l’operosità degli antenati. Io sono qui perche’credo nella Natura e nell’Infinito e salendo sto cantando Gioia, Libertà e Vita. Ho capito tutto.

Dura un paio di minuti: il tempo di svoltare l’angolo ed addentrarmi nello scuro bosco di castagni. L’esaltazione lascia il posto alla necessita’ di non perdere il sentiero ed il cane. Il primo e’ in questo punto molto tortuoso e sommerso dalle foglie dello scorso autunno, il cane invece mi precede allegramente incurante di tutto salvo che delle traccie dei selvatici.

Dalla cappelletta gli alpeggi conosciuti si succedono ad intervalli di cammino regolari, sembra una specie di via crucis fino a Pramenga.
I primi tempi sbagliavo il sentiero in pieno giorno. Un’alpe e’ un po’ come una piazza: tante vie vi entrano e non sempre e’ immediato capire come ne escono. Qualcuno ha gia’ utilizzato questa metafora, la mia memoria ne tradisce l’identita’ ma e’ veramente una bella similitudine.
Questa notte pero’ con una fievole luce so dove andare…bello.

Dopo Vaccareccia sono costretto a malincuore a legare il cane partito dietro un nuovo sconosciuto selvatico con una lena tale che mi e’ occorre del bello e del buono per farlo ritornare. Addio record di salita!

Arrivo a Pramenga dove c’e’ una fontana a forma di rospo che sputa acqua e di notte ha un che di spettrale: forse anche per questo la supero rapidamente.
Sono quasi le due di notte quando raggiungo anche l’ultima alpe isolata e diroccata prima di Pianal. Da qui manca veramente poco, ma sbaglio sentiero.

Vado a sinistra sul sentiero estivo meno ripido che si insinua nel vallone e quindi resta lungamente in ombra. Dimentico gli insegnamenti ricevuti qualche anno fa.

Mi ritrovo improvvisamente sulla neve. Neve vecchia che qui fatica a sciogliersi ed in parte appartiene a vecchie slavine che hanno solcato il pendio.
E’ una neve a volte compatta quasi ghiacciata ed a volte improvvisamente cedevole che ricopre interamente il sentiero.
Cerco ostinatamente di andare avanti ma poi mi rendo conto che sto prendendo dei rischi assurdi. Nevica, sono senza guanti nella neve a mezza coscia con il cane al guinzaglio, nella mano destra la pila, sotto di me lo strapiombo e si sente il rumore ruggente del torrente che scorre sul fondo del vallone.
Mi sento una specie di turista sull’orlo di un baratro.

No, non e’ una buona idea continuare a salire da qui, non ho neppure la piu’ vaga idea del dove sia finito il sentiero. Rido sarcastico pensando che cadere in questo momento sarebbe veramente un’idiozia. Chiunque vedendomi cosi’ agghindato a quest’ora su queste difficolta’ penserebbe di trovarsi di fronte ad un deficiente aspirante suicida.
Ritorno sui miei passi sentendomi saggio. Voglio raggiungere l’alpe dopo Pramenga per trovare un ricovero di fortuna ma poi ritrovo il bivio della scorciatoia e cambio ancora programmi. Qui e’ ripidissimo ma in compenso e’ in pieno sole durante il giorno e forse con un po’ di fortuna…

Liberta’. Nessuno da dover convincere e a cui spiegare perche’ all’ultimo minuto si e’ cambiata inopinatamente idea, giustificando la propria schizofrenia. Basta girare a sinistra invece di andare dritto ed essere pronti ad affrontare le conseguenze di quello che si fa.
Dettagli forse banali ma che mi fanno apprezzare l’essere qui.

L’intuito ha ragione oltre ogni aspettativa. La neve la ritrovo solamente dopo che la scorciatoia si rincontra di nuovo con il sentero. Ora se ben ricordo mancheranno 100 metri di dislivello per arrivare a Pianal.

Questa volta la neve e’ alta e cedevole. Un suplizio salirvi alle 3 di notte. Mi vengono persino i crampi ma il mio ego, reduce la scorsa settimana dal record personale sulla mezza maratona, non lo sopporta e li scaccia.

La scena e’ adesso irreale. Mi sembra di nuotare nella neve altissima accumulatasi per il gioco dei venti. Anche il cane ora ha i suoi problemi. Ad un certo punto girandomi per cercarlo ne incontro lo sguardo sfinito mentre giace con le zampe completamente sprofondate nelle mie traccie ed il muso appoggiato nella neve. Forse in questo momento anche lui si sta domandando “perche’.

Inizio ad averne abbastanza, desidero arrivare nel piu’ breve tempo possibile. Ed in effetti dopo un paio di gobbe ingannatrici la traccia inizia impercettibilmente a spianarsi e quasi senza accorgermi mi rendo conto che quel chiarore che s’intuisce nella nebbia e’ Pianal.

Provo una stretta al cuore. Emozione, forse anche questo c’entra con il “perché”.
Tutto e’ esattamente uguale all’ultima volta che sono venuto qui. Sono passati mesi e transitate decine di persone, qualche viso noto e tanti sconosciuti, ma non e’ cambiato nulla.

Mi sento a casa e terribilmente soddisfatto. Quando ho sbagliato sentiero ho fortemente dubitato di poter arrivare alla meta. Ora pero’ devo cambiarmi, i 2 gradi sotto lo zero da fermo e bagnato sono assolutamente insopportabili.Mi faccio un the rovinato dall’aggiunta di un liquido che ottimisticamente sembrava grappa ma che in realta’ e’ una specie di marsala acetato e penso alla dormita che mi attende.

Sono le 4. Mi sento come un reduce da una serata in discoteca mentre fumo la meritata sigaretta e cerco di vedere laggiu’, tra le nebbie della valle, le luci dei paesi.





Nota
La notte e’ quella del 30 aprile 2004. I nomi dei luoghi sono stati parzialmente inventati e modificati




alky

alky, 22/06/2004