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Valgrande: interviene il Direttore del Parco

Ci scrive il Direttore del Parco Nazionale della Val Grande

Fu
Su segnalazione del sig. Giampiero Antoniotti ho visitato il vostro sito thuler.net e ho letto affermazioni sconcertanti a proposito dell'attività dell'Ente Parco sotto forma di lettera del sig. Paolo e soprattutto nella risposta di thuler.net a firma mangia@thuler.net.

Chiunque prima di effettuare considerazioni critiche, se non offensive, nei confronti dell'attività di terzi ed in particolare di un ente pubblico, ha l'onere di informarsi e non limitarsi ad un punto di vista basato su poche e frammentarie informazioni.

Comunque non intendo entrare nella polemica, ma chiarire quali sono le linee portanti dell'attività del Parco, uno dei primi in Italia a dotarsi di un Piano, già approvato dal Consiglio direttivo ed adottato dalla Regione Piemonte, ed in attesa dell'approvazione definitiva in seguito alle osservazioni pervenute da enti pubblici, associazioni e privati.

Il Piano prevede il recupero di sei sentieri principali che attraversano il parco nelle varie direzioni, tra le centinaia esistenti al tempo degli alpigiani. Quello da percorso dal signor Paolo e dai suoi amici, evidentemente senza consultare l'Ente Parco che avrebbe vivamente sconsigliato quel tracciato per la sua pericolosità (segnalata comunque con cartelli nei punti chiave), è inserito nel Piano solo nel tratto Velina-Orfalecchio, come percorso da verificare per la risistemazione solo in un secondo tempo, previa la verifica della fattibilità (e delle risorse disponibili).

Il motivo è presto detto. Il sentiero della bassa valle, da Ponte Casletto a In La Piana, era stato realizzato in gran parte "in artificiale" nel lontano passato, con molti passaggi su ponticelli che superavano ostacoli di grande difficoltà. Una sua ricostruzione, ma soprattutto il suo mantenimento, comporterebbe costi che nessun ente pubblico, neanche un parco nazionale, potrebbe mai sostenere. L'elevata piovosità e la franosità continua della zona centrale della Val Grande fanno sì che su un tracciato simile siano richiesti continuamente significativi interventi. Una volta ciascun alpigiano, passando, provvedeva alle piccole manutenzioni e quando era necessario rifare un ponte o una passerella si provvedeva in gruppo, utilizzando materiale trovato sul posto. Un ente pubblico deve invece procedere con un progetto, ottenere le necessarie autorizzazioni, effettuare un appalto con costi molto elevati.

Il Piano del Parco ha scelto con una logica generale un numero limitato di sentieri, da percorrere in sicurezza anche se con difficoltà escursionistiche di un certo livello, in modo da poter poi garantire nel tempo la loro manutenzione e un costante livello di qualità. Ciò non è possibile evidentemente su tutti i tracciati. Sui percorsi prescelti verranno sistemate baite ad uso di bivacco semplicissimo: solo un tetto e un fuoco, ma in modo da poter garantire un minimo di ricovero. Il Parco ha già terminato quelle del Ragozzale, della Colma di Premosello, di Scaredi e di Bocchetta di Campo. Per quanto riguarda i sentieri sono stati completati i primi in Val Pogallo, e quest'estate si dovrebbe lavorare in Val Vigezzo (zona dell'Alpe Vald), Cannobina (Valle di Finero) e Val d'Ossola.

Per raggiungere il Ponte di Velina è necessario passare dal Cicogna-Montuzzo o da Bignugno, in quanto il tratto Ponte Casletto-Ponte di Velina (a parte l'impossibilità di parcheggio a Ponte Casletto) non può essere percorso poiché in parte utilizzerebbe manufatti di proprietà privata (canali ENEL).

Nella lettera del signor Paolo, alla fine, si sottolinea un altro problema: in Val Grande si devono mantenere a tutti i costi alcuni percorsi come "ferrate" vere e proprie, con un susseguirsi di catene, corde fisse, ponticelli, passerelle e scale o invece seguire i tracciati più semplici e naturali, "lasciando andare" i percorsi che un tempo avevano un senso e che oggi forse non l'hanno più? L'Ente Parco, dopo lunghissime discussioni che hanno coinvolto tutti i punti di vista, ha fatto una scelta: speriamo la migliore possibile, anche se come tutte le scelte comporta dei compromessi e delle rinunce.

La scelta del Parco non è quella "totalitaria di ambiente abbandonato a se stesso", dunque, ma quella di individuare una possibile fruizione della wilderness che non la stravolga, ma permetta una frequentazione, sia pur impegnativa, a chi voglia accostarsi al territorio. In questo progetto non c'è come detto il percorso da voi descritto, sebbene in sé affascinante, per i motivi esposti. E in quanto alla "volgarizzazione di alcune zone esterne del parco" si tratta ancora di una scelta: come parco nazionale le sue finalità non si limitano alla difesa della wilderness, ma anche all'informazione e didattica sulla natura e sulla storia, certo non nella Riserva Integrale del Pedum, ma nelle aree più lontane dal cuore del Parco, con una logica di fasce concentriche.

Qualcuno può avere una visione ideologica della wilderness, e di ciò si è tenuto conto (tutte le opinioni sono rispettabili per un ente che deve garantire la gestione pubblica), ma questo non è stato certo l'indirizzo del Parco.

Per capire "cosa hanno in testa di realizzare" quelli dell'Ente Parco comunque basta chiederlo: siamo qui per questa ragione, e come detto l'Ente tiene conto di tutte le visioni, purché espresse in modo civile. Vi invitiamo quindi a venire presso i nostri uffici per consultare il Piano, e per esporre il vostro punto di vista che senz'altro servirà, insieme a tutti gli altri, a indirizzare la gestione del Parco nel miglior modo possibile.

Distinti saluti

Il Direttore




Dott. Giuliano Tallone

Dott. Giuliano Tallone, 26/06/2000