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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

11-12 settembre, Erto! Ciao Lothar!

Sulle crode con Matteo

Nelle Dolomiti d\'Oltrepiave. Una cena insieme, montagna, canti alpini, la S. messa e, come piaceva a Matteo, un pò di alpinismo, tutto in compagnia.

La roccia chiama
Mangia La roccia chiama
Finalmente il week-end dell’11-12 settembre è arrivato! Si parte, si va su, si va a Erto!

Questa due giorni ammetto che la sentivo, non vedevo l’ora arrivasse! Non tanto per la diga tristemente famosa del Vajont, non solo per i posti stupendi che fanno da cornice ai paesi di Erto, Cimolais e Claut, ma perché gli amici di Matteo hanno deciso di darsi appuntamento lì a Erto, in mezzo alle montagne che sentiva ormai sue! Si, un gruppo di amici ha deciso di trovarsi in quel “paesino” a 400 km da Milano, per vedersi tutti insieme, per guardarsi in faccia e poter vedere quello che un’Amicizia è capace di creare, un\'Amicizia capace di contagiare quelli con cui viene a contatto, tanto da far diventare diverso anche il modo con cui si va in montagna.

Inizialmente con Macca si voleva partire venerdì pomeriggio ma poi è saltato tutto per colpa del solito nemico che incombe sui weekend lunghi, il lavoro. Sempre lui.
Alla fine si parte sabato mattina sul tardi (h.11, non proprio da montanari) nel viaggio con Macca ci si sente, “Dove sei?” “A Trento!”, “ Ci sentiamo quando si arriva su a Erto?” “Ok vabene!”. Idem col Jeff.

Detto fatto! I chilometri son tanti, ma alle 15.30 squilla il telefonino è Macca “Dove sei?” “sono appena sopra Longarone, a 5 minuti dalla diga, te dove sei?” “Alla diga! Ti aspetto al parcheggio della falesia” “Arrivo!”! Ecco Macca che è con Mike Oliver e Delli! Ci si abbraccia, pacche sulle spalle, un’occhiata ai monti, contenti di essere arrivati fin li per vedere dei volti, anzi quei volti.
Raggiungiamo gli altri al municipio di Erto, appuntamento alle 15.30, ci son già un bel po’ di ragazzi, sbrighiamo la parte burocratico-amministrativa (iscrizione, maglietta ecc.) e ci tuffiamo nei saluti.

Quanti siamo! Cavolo, manca Squiccia, è ancora in Spagna non riesce a rientrare per il lavoro, arriva tra una settimana, peccato! Manca anche il Mauro (Corona) purtroppo è a Mantova per un festival della letteratura, molto amico di Matteo e dei “Ragazzacci” (come chiamava lui tutta la “ciurma” che si muoveva in gruppo per valli e picchi).

Alla guida dell’Italo Filippin ci muoviamo verso la diga del Vajont e sui resti del Monte Toc e al suono della sua voce ci facciamo accompagnare in quel triste spaccato della storia di quei posti, passando tra interessi economici, giochi di potere arrivando al dolore della gente, alla rabbia della gente e alla forza della gente che abitava e abita quei posti (lui ne è un esempio). Trovarsi di fronte a quello scenario, anche se son passati 40 anni e la natura ha cercato di porvi rimedio, è ancora impressionate, vedere la ferita lasciata da quei 270 milioni di metri cubi di roccia e terra che si son staccati dal Monte Toc è uno spettacolo da pelle d’oca.

Si torna verso Erto, passo a prendere le chiavi di dove andremo a dormire questa notte (stavolta ho abbandonato sacco a pelo e cielo stellato per un bagno e un letto con piumone, starò invecchiando?), dopo poco ci ritroviamo tutti nel salone del Centro Visite del Parco per cenare, siamo in tanti ben più di un centinaio, finalmente vedo il Carlo e la Carla (i genitori di Matteo) ci sono anche la Silvia e il Paolo da Roma, ci si saluta, ci si abbraccia non ci si vede da un po’, ci si è solo sentiti al telefono, ma sapevamo che ci saremmo visti quassu.

Ci spostiamo per vedere delle diapo, le prime su Matteo da piccolo ce le spiega il Carlo, poi si passa agli ultimi anni quando ormai i “Ragazzacci” sono provetti alpinisti e cominciano ad attaccare pareti di ogni natura e difficoltà, a ripetere grandi classiche ormai un po’ fuorimoda negli ultimi anni. Si muovono anche qua attorno nelle Dolomiti Friulane, accompagnati spesso dal Luca Visentin e dal Mauro Corona (due grandi amici), fino a riuscire ad andare sull’Himalaya grazie al Giorgio Vassena in una spedizione che ormai dal 98 va a misurare l’andamento di un ghiacciaio (mi han detto il nome non so quante volte, ma ogni volta me lo scordo).

Le diapo fanno tornare tanti ricordi, regalano sorrisi, un po’ di malinconia, sopraggiunge anche la pelle d’oca con un po’ di magone (parlo per me personalmente), il Gus, Gae e lo Sgrenza le spiegano, raccontano, fanno capire che nonostante un fottutissimo incidente Matteo (Lothar come tutti lo chiamavamo) è li in mezzo a tutti, nel cuore di tutti, non in modo funebre lapidario ma in forma di un’Amicizia che ci permetteva di dire non è tutto qua, non può essere tutto qua; Amicizia senza la quale anche l’andare in montagna non sarebbe uguale, Amicizia che aiuta a riconoscere una Presenza in tutto ciò che stà attorno, paradossalmente anche nella morte di un amico.

Le diapo son finite, ci si saluta, qualcuno si mette alla ricerca di un bar per bere un grappino con quattro amici, per sedersi e chiaccherarsela un po’, altri si fermano davanti al salone dove il Paolo fa assaggiare i suoi formaggi, io con Macca, Mike, Giube e altri optiamo per la prima soluzione, ci son lì anche l’Accademico col Pex e il Teo, il bar chiude (non è tardi, è appena passata la mezzanotte) decidiamo di raggiungere gli altri, ovviamente portandogli giù una bottiglia di grappa, durata abbastanza poco. Ovviamente perché si era in tanti!
Alla fine tocca andare a dormire, son quasi le due, la sveglia domani è abbastanza presto. Domani si cammina.

Ci son tre possibilità di escursione, una alpinistica che percorre l’anello del Monte Duranno (che sovrasta Erto)con partenza alle 6.30; una più moderata che non richiede ne imbrago ne cordini, e porta a visitare luoghi sia naturalistici che picchi più esposti con una partenza alle 7.30 (ho scelto questa anche se avrei continuato a dormire); la terza con partenza alle 9.30 percorre la Val Zemola fino al rif. Maniago sotto il monte Duranno, meta anche delle altre due.

Il risveglio ci ha regalato una sorpresa, il cielo è completamente grigio con foschia e nebbia a bassa quota! Peggio non ci poteva andare! Anzi si, poi si è messo anche a piovere verso l’una.
Ovviamente si è partiti lo stesso, siam passati da Casera Mela, dalla Cava del Monte Buscada, dalla Casera Bedin (luoghi noti a chi legge Corona), peccato che il Monte Borgà, la Cima Palazza , il Col Nudo ecc. ecc. che avremmo dovuto ammirare nel corso della camminata ce li siam dovuti immaginare. Il tutto accompagnato dall’instancabile voce dell’Italo Filippin a volte frenata dalla Vale (sua figlia) che tagliava corto e faceva riprendere il cammino! Foschia e nebbia che ci ha accompagnato fino al rif. Maniago, dove ci siam ricongiunti con gli altri due gruppi!
Qua abbiamo mangiato, abbiam celebrato la Messa, si è cantato un po’ e poi sotto l’acqua si è cominciata la discesa percorrendo la Val Zemola fin giù a Erto.

La pioggia contribuisce a rendere veloce la partenza da Erto, alcuni si ferman li a cena altri si fanno un caffè e si rimettono alla guida per tornare verso casa!
Tornando giù verso Longarone, dopo pochi chilometri, ci fermiamo a quel maledetto tornante che Lothar non è riuscito a finire, una preghiera, un saluto, un arrivederci … … si vorrebbe star lì, ma si deve ripartire.

I chilometri che ci aspettano sono tanti (i 400 dell’andata), ma sarà grazie alla bellezza di questi due giorni, che hanno riempito mente e cuore, che sembra scorrano via senza far sentire la stanchezza e la malinconia di lasciare quei posti e quei volti.
Con alcuni “Ragazzacci” purtroppo ci si rivedrà tra un bel po’, magari qua tra un anno, chissà!

Con altri già nel ritorno ci si sente, anche senza un motivo parte la telefonata, “come va il viaggio?”, “Bello su vero? E’ andata meglio di quanto si potesse immaginare!”, ci si sente solo per sentirsi, magari per prolungare un po’ questi giorni.
Ormai intravvedo il casello, mezz’oretta ancora e sono casa! Arrivato!
Comincio a sentire la stanchezza, tiro giù gli scarponi e lo zaino, che dall’acqua che han preso sembrano macigni, pesano (sarà la stanchezza, ammetto che sono cotto); salgo a casa, saluto chi è sveglio (ormai è la mezza passata), brevi flash della due giorni, domani racconterò bene.

Un ultimo pensiero a Lothar, un grazie, grazie per averci fatto riscoprire la bellezza e la pienezza di un’Amicizia così!



turra

turra, 19/09/2004