thuler.net
Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Ciclo-eno-gastro-alpinistica luglio 1995

Dal Monginevro a Ventimiglia per le strade militari alpine italo-francesi

Una lunga pedalata idealmente in discesa da Nord a Sud, dalle bianche vette alpine all’azzurro mar ligure, dai fitti boschi di faggio e larice alla odorosa macchia mediterranea, immersi in una natura ancora incontaminata, spesso selvaggia e di difficile accesso, e’ anche un viaggio nel tempo e nella storia di questi luoghi di confine teatro di guerre e dispute territoriali, zone di indubbia bellezza in cui il turismo non e’ certo di massa.

Itinerario

Il percorso della traversata dal Monginevro a Ventimiglia si snoda lungo strade di ogni genere, da quelle asfaltate (sempre con poco traffico) ai lunghi tratti sterrati facenti parte della fitta rete viaria militare italo-francese, ricavata ricalcando antichi tracciati che seguono le dorsali delle montagne evitando cosi’ l’attraversamento di ripidi fianchi montani a vantaggio di lunghi e costanti pendii non impossibili.

Poiche’ l’intento era quello di privilegiare un itinerario il piu’ possibile in quota lontano dal fondovalle e dai centri abitati percorrendo le strade militari, qualche disagio (ripagato pero’ dalla bellezza del paesaggio piu’ aereo e panoramico) si aveva durante lo scollinamento su tratti di sentiero della Grande Traversata delle Alpi (gta) per nulla pedalabili, tratti comunque eventualmente aggirabili coi percorsi nel fondovalle che, come gia’ detto, avrebbero snaturato un po’ il senso ed il fascino della traversata.

Per motivi diversi, a meta’ strada i partecipanti si sono divisi in due squadre: il “Gruppo dei tosti” costituito dal duo della Cinelli, piu’ la Cinellina, Ambreuse ed Umbi ed il “Gruppo dei mosci” formato da tutti gli altri, che hanno dato un taglio meno aggressivo alla traversata; tutti, nessuno escluso, hanno affrontato le difficolta’ incontrate durante il non facile percorso con grande entusiasmo ed hanno evidenziato (donne incluse) grosse doti di resistenza e forza di volonta’.

In totale la traversata “pura” dal Monginevro a Ventimiglia, per intenderci, la tostissima Ciclo-Eno-Gastro-Alpinistica sulle strade militari italo-francesi, ha coperto poco meno di 400 km superando un dislivello totale di oltre 11.000 metri; meno della meta’ dei chilometri percorsi e’ stato su strade asfaltate, il resto registra tracciati montani pietrosi, sterrati aerei, sentieri boschivi, ...

Degni di nota le non banali discese dal Colle dell’Arpione e dal Colle del Sabbione, l’accoglienza e la cena all’Osteria della Gardetta, la lunga e faticosa risalita del Vallone del Sabbione, l’emblematico “Circolo Lou Stau”, l’insopportabile salita al Colle della Bicocca, l’interminabile tappone montano alla Colla Melosa, il tuffo in mare (bici compresa) a chiudere l’impresa.

Venerdi 14 luglio 1995 - Tappa di avvicinamento

Piazzale ST (Agrate) - Cesana Torinese (2050)

E’ il preludio al giro denso di incognite e di aspettative: nove tredicesimi del gruppo parte nel pomeriggio, l’appuntamento coi rimanenti e’ per l’indomani mattina direttamente sul luogo di partenza (Mongenevre).

Dopo un’intensa giornata di lavoro, dal piazzale ST verso le 18.30 parte una carovana di automobili cosi’ composta: Tempra di Moiols con Gianni e Patrizia piu’ nove biciclette, Malaga di Lucians con Fabiola, Ambrogio e Trups e a chiudere Golf di Umbe con me incluso. Lungo la strada la Golf perde il contatto col resto del gruppo, ma grazie al telefonino di Lucians ci ritroviamo tutti a Cesana.

Lunga salita su piacevolissimo sterrato per arrivare al rifugio ove avevamo prenotato per il pernottamento odierno: si tratta dell’Albergo Chalet “Lo Scoiattolo” - Sagnalonga - Cesana Torinese (TO) - tel. 0122/843044, tra le altre cose sede anche del “Centro Turismo Equestre Monti della Luna”, ottimo punto di appoggio per trekking a cavallo nella zona dell’Alta val di Susa (2000 metri di altitudine) con i Monti della Luna che spiccano per la loro particolare bellezza.
Ottima cena in allegria e tradizionale brindisi augurale alla ciclo.

Giovedi 20 luglio 1995 - Superiamo il Colle del Sabbione !

Trinita’ Entracque (1096) - Limonetto (1294) 32 km / dislivello 1250 m / sterrato 100% / 7 ore

Tappa nel piu’ completo isolamento inghiottiti dalla bellezza selvaggia della natura. Lunghissima risalita del Vallone del Sabbione (l’alternativa era di scendere giu’ a valle) e discesa impegnativa dal colle che fanno di questa tappa una delle piu’ faticose.

Alle otto in punto lasciamo il rifugio, attraversiamo il Rio Bousset per un ponte sopra una pozza molto invitante (sembrava una piscina naturale con tanto di pedana per i tuffi) ed entriamo in un fitto bosco inizialmente pedalabile, ma dopo un po’ iniziamo a spingere le bici.

Chiediamo la strada a dei valligiani che conducono muli carichi di masserizie: ci dicono di restare sul sentiero, mentre loro vanno a guadare il rio. Se non si vuole emulare le capre con scarsissimo successo, e’ bene guadare prima della malga che si vede alla sinistra orografica del torrente e, soprattutto, non fidarsi delle indicazioni dei valligiani.

Dopo circa 3 ore e 40 arriviamo al cartello che segnala il Gias della Culatta (1896 m); per chi non lo sapesse, gias e’ il ricovero temporaneo per pastori. La salita e’ molto dura, ma il paesaggio e’ davvero unico.

Prima del Lago dell Vacca a 2263 m incrociamo una piccola mandria di mucche: passo in mezzo per la foto di Umbi con la mucca Bartolomeo che mi guarda incuriosita. Al lago sosta meritata e refrigerio nelle fredde acque (Umbi si fa il bagno completo). Il silenzio e’ rotto dal frusciare del torrente e dai nostri commenti.
La parte finale e’, fatica a parte, fantastica!

Terrazzini naturali e muretti a secco si alternano lungo lo stretto sentiero aumentando la spettacolarita’ del paesaggio. La vista del sottostante laghetto incastonato tra pietraie e macchie di verde e’ molto suggestiva. Quando siamo in cima al Colle ovest del Sabbione (2328 m), il mio contachilometri segna 14.3 km di cui solo qualche unita’ fatti a cavalcioni della bici, tutto il resto trascinandola per impervi sentieri montani: da quando abbiamo lasciato il rifugio, sono passate oltre sei ore di cui tre e mezzo di effettivo cammino; escludendo i valligiani che ci hanno mandato fuori strada, abbiamo visto solo marmotte, mucche al pascolo, stambecchi, ...

Siamo in territorio francese (Parco Nazionale del Mercantour) ed anche qua il tempo e’ bello. Seguiamo le indicazioni per la Val Roya in un paesaggio dolcemente degradante e quasi interamente pedalabile se si esclude una frana che abbiamo dovuto aggirare. Una lunga discesa ci porta alle Caserme di Peyrefique poi lo sterrato diventa col fondo pietroso che rende ancora piu’ faticosa la pedalata.
Prima di giungere al Forte Centrale del Colle di Tenda (1871m), Umbi riesce a stabilire un contatto radio con Arizona e Fritz che gli danno qualche informazione sul posto tappa a Limonetto da loro gia’ testato la sera precedente avendo percorso il fondovalle che gli ha consentito di riunire due tappe montane in una.

La discesa finale verso Limonetto (1294m) non si puo’ evitare per la mancanza di posti per il pernottamento al colle: scendiamo per mezzo di un ripido sentiero del gta, pedalabile malgrado gli stretti tornanti da superare in derapata. Capitombolo di Ambrogio causato dalla stanchezza subito testimoniato dallo scatto del fotografo sempre attivo.

L’albergo “Porta della Neve” e’ molto simile a quello di Genzana: camere di basso livello con letto negativo, ma almeno ci servono tanto da mangiare. Senza aver fatto alcuna richiesta ci lasciano sul tavolo tre primi (minestrone, spaghetti alla bolognese, fusilli al tonno), due secondi (messicani con piselli e pollo alla cacciatora), due contorni (patatine fritte ed insalata mista), frutta, dolce e caffe’.

Probabilmente la sera precedente il “gruppo dei mosci” (solo ciclisticamente parlando) aveva evidenziato l’importanza dell’aspetto eno-gastro immediatamente recepito dai gestori con nostra somma soddisfazione.

Sabato 22 luglio 1995 - Il tuffo in mare, bici comprese !

Colla Melosa (1540) - Ventimiglia 55 km / dislivello 850 m / sterrato 85% / 6 ore

Tappa ancora impegnativa, sia per le distanze da percorrere che per le caratteristiche del terreno ancora molto accidentato nel primo quarto dell’itinerario. Bellissimo e molto vario l’ambiente dai pascoli alpini e dalle abetaie si passa finalmente alla macchia mediterranea, vigneti ed uliveti. Discesa inebriante conclusa con un vero e proprio tuffo nel mare coi mezzi meccanici (gentilmente messi a disposizione dagli sponsor della traversata).

La giornata inizia presto per Umbi perfettamente ristabilito al punto di essere fortemente contrariato per non aver potuto scattare qualche foto dall’alto della Colla Melosa.

Ripercorriamo questa volta in salita, lo sterrato verso il Rifugio Grai (1920m) fino ad un bivio poco al di sotto, si volta a sinistra imboccando uno stretto sentiero erboso che va verso il basso. Se si proseguisse a salire (come erroneamente abbiamo fatto noi) dopo una dura salita, si provera’ l’ebrezza di pedalare su uno stupendo ed incontaminato tappeto erboso avvolti da un bosco rigoglioso, fino a quando la vegetazione inghiottisce ogni traccia di passaggio e si e’ quindi costretti a tornare indietro.

Non abbiamo trovato sulla carta il Passo Valletta (1982m) segnalato da un cartello che evidenzia la vicinanza del confine con la Francia ed abbiamo avuto qualche piccolo problema di orientamento da aggiungere all’incessante presenza delle odiosissime mosche.

Il passaggio della Gola dell’Incisa e’ in mezzo al bosco con pedalabilita’ attorno al 40%, frequenti tratti rocciosi molto esposti, con un attraversamento di una vecchia frana superabile grazie alla presenza di un cavo di acciaio infisso nella roccia molto apprezzato da tutti noi.

Facendo massima attenzione si prosegue in sella lungo uno stretto sentiero di grande bellezza panoramica che taglia la roccia in costa (davvero impressionante vedere le biciclette aggrappate alla pietra del monte scosceso). Ogni tanto nei tratti di bosco il sentiero e’ interrotto dagli alberi caduti a testimonianza del poco passaggio attraverso queste zone isolate e selvagge.

Dal Passo Incisa (1685m) si riprende a salire pedalando e spingendo; canti di uccelli, grilli, lucertole e danatissime mosche sono gli unici compagni che riusciamo ad avere.

Ci rinfreschiamo e facciamo rifornimento di acqua alla Fonte Dragurina, da cui balziamo al di la’ del monte per mezzo di un passaggio molto esposto, ma fortunatamente anche questo attrezzato di cavo.

La discesa e’ bellissima, molto ripida e tecnica: lo stretto sentiero prima corre in mezzo ai prati, poi scende di fianco al monte con tratti per lo piu’ sconnessi ed alcuni assai esposti, ma dotati di corde fisse. La stanchezza si fa sentire ed Elena e’ vittima di una caduta che poteva avere brutte conseguenze data l’accidentatezza del terreno.

Dal Passo Muratore si prosegue ora per la Gola del Gouta mediante una larga carrareccia in leggera salita nel fresco bosco di pini; giunti all’incrocio con l’alta via dei monti liguri, si piega a sinistra per scendere al paese di Gouta.
Tempo qualche minuto e vediamo qualche casa e l’insegna di un ristorante “Gola di Gouta” (tel. 0184/241068); dopo tanta natura allo stato puro, un po’ di civilta’ e’ salutata da ciascuno di noi con molta soddisfazione.

Ci accomodiamo all’interno della piacevole costruzione, dove per la prima volta dall’inizio della ciclo, consumiamo un vero pranzo comodamente seduti a tavola.

L’impresa e’ ormai compiuta e sono evidenti su ciascuno di noi i graffi dei rovi, le punture degli insetti, i morsi lasciati dei denti della catena o dei pedalini sulle braccia ed in particolare sulle gambe.
A questo punto seguiamo l’indicazione per Ventimiglia impossibile sbagliare poiche’ e’ sufficiente scendere: lunga, lunghissima discesa su ampia mulattiera fino a Verrandi (si spacca il mio portapacchi troppo sollecitato dal peso dello zaino non messo sulle spalle per indolenza).

Giunti nel bel paesino di Verrandi, ancora discesa su asfalto poi da Camporosso arriviamo a Ventimiglia dopo 10 minuti di provinciale.
Seguiamo il profumo del mare e giunti in spiaggia Alessandro ed io (i due Cinelli) lasciamo cadere gli zaini e pedaliamo nella sabbia fino a raggiungere la battigia e ad eseguire un perfetto OTB (over the bar) tuffandoci (bici Cinelli incluse) nella fresca acqua del Mar Ligure, tra lo stupore e la simpatia dei bagnanti.

Sono le cinque del pomeriggio, siamo riusciti a completare l’avventurosa traversata, ci complimentiamo gli uni con gli altri, ma Elena merita una citazione particolare rappresentando un’ottima e rara coniugazione della bellezza con la determinazione e la forza.

Discutiamo sull’opportunita’ di rivedere l’itinerario per poterlo proporre ad Airone: il percorso cosi’ com’e’ e’ stato davvero impegnativo, forse troppo, ma ormai e’ acqua passata ed Airone a parte, questa e’ stata una delle piu’ affascinanti ciclo-eno-gasto diventata alpinistica per l’occasione.

Giovedi 20 luglio 1995 - Superiamo il Colle del Sabbione !

Trinita’ Entracque (1096) - Limonetto (1294) 32 km / dislivello 1250 m / sterrato 100% / 7 ore

Tappa nel piu’ completo isolamento inghiottiti dalla bellezza selvaggia della natura. Lunghissima risalita del Vallone del Sabbione (l’alternativa era di scendere giu’ a valle) e discesa impegnativa dal colle che fanno di questa tappa una delle piu’ faticose.

Alle otto in punto lasciamo il rifugio, attraversiamo il Rio Bousset per un ponte sopra una pozza molto invitante (sembrava una piscina naturale con tanto di pedana per i tuffi) ed entriamo in un fitto bosco inizialmente pedalabile, ma dopo un po’ iniziamo a spingere le bici.

Chiediamo la strada a dei valligiani che conducono muli carichi di masserizie: ci dicono di restare sul sentiero, mentre loro vanno a guadare il rio. Se non si vuole emulare le capre con scarsissimo successo, e’ bene guadare prima della malga che si vede alla sinistra orografica del torrente e, soprattutto, non fidarsi delle indicazioni dei valligiani.

Dopo circa 3 ore e 40 arriviamo al cartello che segnala il Gias della Culatta (1896 m); per chi non lo sapesse, gias e’ il ricovero temporaneo per pastori. La salita e’ molto dura, ma il paesaggio e’ davvero unico.

Prima del Lago dell Vacca a 2263 m incrociamo una piccola mandria di mucche: passo in mezzo per la foto di Umbi con la mucca Bartolomeo che mi guarda incuriosita. Al lago sosta meritata e refrigerio nelle fredde acque (Umbi si fa il bagno completo). Il silenzio e’ rotto dal frusciare del torrente e dai nostri commenti.
La parte finale e’, fatica a parte, fantastica!

Terrazzini naturali e muretti a secco si alternano lungo lo stretto sentiero aumentando la spettacolarita’ del paesaggio. La vista del sottostante laghetto incastonato tra pietraie e macchie di verde e’ molto suggestiva. Quando siamo in cima al Colle ovest del Sabbione (2328 m), il mio contachilometri segna 14.3 km di cui solo qualche unita’ fatti a cavalcioni della bici, tutto il resto trascinandola per impervi sentieri montani: da quando abbiamo lasciato il rifugio, sono passate oltre sei ore di cui tre e mezzo di effettivo cammino; escludendo i valligiani che ci hanno mandato fuori strada, abbiamo visto solo marmotte, mucche al pascolo, stambecchi, ...

Siamo in territorio francese (Parco Nazionale del Mercantour) ed anche qua il tempo e’ bello. Seguiamo le indicazioni per la Val Roya in un paesaggio dolcemente degradante e quasi interamente pedalabile se si esclude una frana che abbiamo dovuto aggirare. Una lunga discesa ci porta alle Caserme di Peyrefique poi lo sterrato diventa col fondo pietroso che rende ancora piu’ faticosa la pedalata.
Prima di giungere al Forte Centrale del Colle di Tenda (1871m), Umbi riesce a stabilire un contatto radio con Arizona e Fritz che gli danno qualche informazione sul posto tappa a Limonetto da loro gia’ testato la sera precedente avendo percorso il fondovalle che gli ha consentito di riunire due tappe montane in una.

La discesa finale verso Limonetto (1294m) non si puo’ evitare per la mancanza di posti per il pernottamento al colle: scendiamo per mezzo di un ripido sentiero del gta, pedalabile malgrado gli stretti tornanti da superare in derapata. Capitombolo di Ambrogio causato dalla stanchezza subito testimoniato dallo scatto del fotografo sempre attivo.

L’albergo “Porta della Neve” e’ molto simile a quello di Genzana: camere di basso livello con letto negativo, ma almeno ci servono tanto da mangiare. Senza aver fatto alcuna richiesta ci lasciano sul tavolo tre primi (minestrone, spaghetti alla bolognese, fusilli al tonno), due secondi (messicani con piselli e pollo alla cacciatora), due contorni (patatine fritte ed insalata mista), frutta, dolce e caffe’.

Probabilmente la sera precedente il “gruppo dei mosci” (solo ciclisticamente parlando) aveva evidenziato l’importanza dell’aspetto eno-gastro immediatamente recepito dai gestori con nostra somma soddisfazione.

Venerdi 21 luglio 1995 - Durissima tappa, Umberto si sente male

Limonetto(1294) - Colla Melosa (1540) 71 km / dislivello 1800 m / sterrato 95% / 8 ore

Altra tappa durissima, forse in assoluto la piu’ dura dell’intera traversata; anche se interamente pedalabile, il lungo percorso e’ stato un susseguirsi di impegnative strade militari e dorsali montane panoramiche spesso con fondo pietroso, le parti in discesa non hanno concesso affatto respiro poiche’ si e’ trattato di discendere tratti con lastroni di pietra o lunghi sterrati tortuosi.

Lasciamo Limonetto verso le 07.45 e riprendiamo subito quota su asfalto per giungere alla vera partenza della tappa: il Colle di Tenda. Vista l’indicazione “Col della Boaria” imbocchiamo la carrareccia sterrata che presto si inerpica con decisione; l’ascesa alla Boaria (2102m) e’ molto lunga e faticosa, costellata da molti punti panoramici con paesaggi selvaggi.

Dai numerosi ruderi dei ricoveri di emergenza disseminati lungo il percorso e i poderosi muri di sostegno in pietra, questa strada doveva essere una via di collegamento importante e frequentata.

Facciamo una sosta dai pastori sardi prima del Colle dei Signori dai quali acquistiamo del formaggio fresco che facciamo subito fuori con pane abbondante. Riserva di acqua e ripartiamo subito poiche’ ci aspetta sempre un lungo cammino ed e’ bene non perdere tempo.

I cinque-seicento metri di quota che perdiamo per scendere al Passo di Collardente sono tremendi per i muscoli degli arti superiori ed inferiori costretti ad un lunghissimo lavoro isometrico; quando finalmente nel pomeriggio entriamo nel bosco, decisamente meno stressante sia per il paesaggio (meno impervio) che per il fondo stradale (piu’ pedalabile), abbiamo incontrato in tutto nove motociclisti (sei tedeschi e tre italiani), due ciclisti e due escursionisti a piedi.

A qualche centinaio di metri dal Rifugio Grai (1920m, inutilizzabile perche’ le chiavi sono al Rifugio Allavena, visibile nella piana sottostante in cui spicca un azzurro laghetto) Umberto ha una congestione determinata dalla fatica e dal mix di energetici che ha appena trangugiato. Mentre Alessandro lo soccorre, gli altri tre si lanciano verso il rifugio per cercare aiuto. Quasi subito Elena perde una vite del portapacchi ed e’ in panne: resto io a sistemare il problema tecnico ed Ambrogio si butta in una pazza picchiata sul rifugio (1540m).

E’ ormai tardo pomeriggio quando Umbi e bici vengono scaricati dal Fiorino del rifugista partito in soccorso ed e’ ancora piu’ tardi quando giunge anche Alessandra vittima, a sua volta, di una foratura. Sono circa le sette di sera ed il sole e’ gia’ calato: circa undici ore fa avevamo lasciato Limonetto ed il computerino della bici e’ rimasto in funzione in totale 7 ore e 40 minuti.

Betty e Claudio, i rifugisti, sono assai socievoli, non c’e’ nessun altro ospite stasera e ci confermano che la sera precedente hanno ospitato i nostri amici che ci precedono.

Umberto a poco alla volta si riprende bevendo litri di te’ al limone, a cena i simpatici gestori ci spiegano che la strada che abbiamo fatto e’ quella adoperata dai marocchini per espatriare in Francia abusivamente: fino a due-tre anni prima transitavano camion carichi di nord-africani che pagavano circa 200 mila lire per il passaggio.

Il Nuovo Rifugio “Allavena” localita’ Colla Melosa - Pigna (IM) - tel. 0184/241155 e’ veramente molto bello e funzionale, forse il migliore incontrato, e’ provvisto di un grande camerone con una settantina di posti letto a castello e buona cucina. Posizione stupenda, ottimo punto di appoggio per escursioni, traversate in MTB, sci di fondo.

Sabato 22 luglio 1995 - Il tuffo in mare, bici comprese !

Colla Melosa (1540) - Ventimiglia 55 km / dislivello 850 m / sterrato 85% / 6 ore

Tappa ancora impegnativa, sia per le distanze da percorrere che per le caratteristiche del terreno ancora molto accidentato nel primo quarto dell’itinerario. Bellissimo e molto vario l’ambiente dai pascoli alpini e dalle abetaie si passa finalmente alla macchia mediterranea, vigneti ed uliveti. Discesa inebriante conclusa con un vero e proprio tuffo nel mare coi mezzi meccanici (gentilmente messi a disposizione dagli sponsor della traversata).

La giornata inizia presto per Umbi perfettamente ristabilito al punto di essere fortemente contrariato per non aver potuto scattare qualche foto dall’alto della Colla Melosa.

Ripercorriamo questa volta in salita, lo sterrato verso il Rifugio Grai (1920m) fino ad un bivio poco al di sotto, si volta a sinistra imboccando uno stretto sentiero erboso che va verso il basso. Se si proseguisse a salire (come erroneamente abbiamo fatto noi) dopo una dura salita, si provera’ l’ebrezza di pedalare su uno stupendo ed incontaminato tappeto erboso avvolti da un bosco rigoglioso, fino a quando la vegetazione inghiottisce ogni traccia di passaggio e si e’ quindi costretti a tornare indietro.

Non abbiamo trovato sulla carta il Passo Valletta (1982m) segnalato da un cartello che evidenzia la vicinanza del confine con la Francia ed abbiamo avuto qualche piccolo problema di orientamento da aggiungere all’incessante presenza delle odiosissime mosche.

Il passaggio della Gola dell’Incisa e’ in mezzo al bosco con pedalabilita’ attorno al 40%, frequenti tratti rocciosi molto esposti, con un attraversamento di una vecchia frana superabile grazie alla presenza di un cavo di acciaio infisso nella roccia molto apprezzato da tutti noi.

Facendo massima attenzione si prosegue in sella lungo uno stretto sentiero di grande bellezza panoramica che taglia la roccia in costa (davvero impressionante vedere le biciclette aggrappate alla pietra del monte scosceso). Ogni tanto nei tratti di bosco il sentiero e’ interrotto dagli alberi caduti a testimonianza del poco passaggio attraverso queste zone isolate e selvagge.

Dal Passo Incisa (1685m) si riprende a salire pedalando e spingendo; canti di uccelli, grilli, lucertole e danatissime mosche sono gli unici compagni che riusciamo ad avere.

Ci rinfreschiamo e facciamo rifornimento di acqua alla Fonte Dragurina, da cui balziamo al di la’ del monte per mezzo di un passaggio molto esposto, ma fortunatamente anche questo attrezzato di cavo.

La discesa e’ bellissima, molto ripida e tecnica: lo stretto sentiero prima corre in mezzo ai prati, poi scende di fianco al monte con tratti per lo piu’ sconnessi ed alcuni assai esposti, ma dotati di corde fisse. La stanchezza si fa sentire ed Elena e’ vittima di una caduta che poteva avere brutte conseguenze data l’accidentatezza del terreno.

Dal Passo Muratore si prosegue ora per la Gola del Gouta mediante una larga carrareccia in leggera salita nel fresco bosco di pini; giunti all’incrocio con l’alta via dei monti liguri, si piega a sinistra per scendere al paese di Gouta.
Tempo qualche minuto e vediamo qualche casa e l’insegna di un ristorante “Gola di Gouta” (tel. 0184/241068); dopo tanta natura allo stato puro, un po’ di civilta’ e’ salutata da ciascuno di noi con molta soddisfazione.

Ci accomodiamo all’interno della piacevole costruzione, dove per la prima volta dall’inizio della ciclo, consumiamo un vero pranzo comodamente seduti a tavola.

L’impresa e’ ormai compiuta e sono evidenti su ciascuno di noi i graffi dei rovi, le punture degli insetti, i morsi lasciati dei denti della catena o dei pedalini sulle braccia ed in particolare sulle gambe.
A questo punto seguiamo l’indicazione per Ventimiglia impossibile sbagliare poiche’ e’ sufficiente scendere: lunga, lunghissima discesa su ampia mulattiera fino a Verrandi (si spacca il mio portapacchi troppo sollecitato dal peso dello zaino non messo sulle spalle per indolenza).

Giunti nel bel paesino di Verrandi, ancora discesa su asfalto poi da Camporosso arriviamo a Ventimiglia dopo 10 minuti di provinciale.
Seguiamo il profumo del mare e giunti in spiaggia Alessandro ed io (i due Cinelli) lasciamo cadere gli zaini e pedaliamo nella sabbia fino a raggiungere la battigia e ad eseguire un perfetto OTB (over the bar) tuffandoci (bici Cinelli incluse) nella fresca acqua del Mar Ligure, tra lo stupore e la simpatia dei bagnanti.

Sono le cinque del pomeriggio, siamo riusciti a completare l’avventurosa traversata, ci complimentiamo gli uni con gli altri, ma Elena merita una citazione particolare rappresentando un’ottima e rara coniugazione della bellezza con la determinazione e la forza.

Discutiamo sull’opportunita’ di rivedere l’itinerario per poterlo proporre ad Airone: il percorso cosi’ com’e’ e’ stato davvero impegnativo, forse troppo, ma ormai e’ acqua passata ed Airone a parte, questa e’ stata una delle piu’ affascinanti ciclo-eno-gasto diventata alpinistica per l’occasione.

Alessandro, 18/11/2002