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Ultima Thule. Il Luogo Ideale della mitologia, il punto più lontano, la meta di ogni viaggio. Come lo Shangri-la delle popolazioni Himalayane o la Valle Perduta dei Walser. Potrebbe essere anche solo la collina dietro casa. Ma per ognuno è il luogo dove si desidera tornare.
Noi veniamo di lì: thuler.

Val Grande: alla ricerca dell'Arca 3

Non so personalmente quante volte già ho scorrazzato da quelle parti in cerca della famosa "Arca" da dove, oltre mezzo secolo fa, partiva il legname che attraverso il rio Grande, il lago Maggiore, il Ticino ed infine i navigli raggiungeva Milano.

Diario di Viaggio

Orfalecchio-L'Arca

Correva l'anno 1989 ci trovavamo in vacanza all'albergo rifugio dei Forni, ai tempi, i miei occhi non erano ancora talmente congestionati dai pixel da permettermi di leggere qualche rivista, "Natura Oggi" era la mia preferita e in quel numero d’Agosto c'era un articolo affascinante sulla "Val Grande", la più estesa wilderness in Italia.

Poche righe di quell'articolo steso da Teresio Valsesia bastarono per darmi una specie di "imprinting" nei confronti di questa valle misteriosa.

Anticipammo il ritorno a casa per riservarci un paio di giorni da quelle parti, l'esperienza fu fantastica tanto che da allora:

-Il gatto claudicante, reincarnazione della vecchia strega, il mitologico Basilisc che corre sull'acqua, le decine di partigiani sepolti per sempre nelle forre, la casermetta dei carabinieri, i ponti sospesi, i passaggi impossibili, le storie di valligiani e tagliaboschi, allo sbocciare della primavera come un'innaturale brezza tornano a cercarmi, e per me è irresistibile la voglia di tornare là e sentire sulla pelle tutto cio che trasuda quell’ambiente selvaggio.

Quest'anno niente sogni di gloria, l'attraversata bassa oltre che essere severamente proibita da tanto d’ordinanza del sindaco, è effettivamente troppa lunga per gente come noi che non è ancora arrivata all'Arca, circa metà strada, E poi si dice che il sentiero si fa ancora più arduo, figuriamoci!

Abbiamo deciso di fare campo base ad Orfalecchio, alla baita dei pescatori, poi di riservare tutto il sabato alla ricerca e superamento dell'Arca ed infine tornare per cena ad Orfalecchio.

Chi deciderà di venire sappia che niente è facile da quelle parti, ma niente è più appagante di 3 giorni passati là, dove una volta la gente viveva, lavorava, moriva dove ora la fanno da padroni cinghiali, aquile e basilisc.

Giovedì 7-10-04

Giovedì sera da Stefano, nonostante le sfighe di Peppo, la sciatica di Maurizio, le previsioni di Giuliacci, la latitanza dei denti Paolo ed il botta e risposta delle e-mail in settimana decidiamo di partire; troppo tempo è passato da quella prima settimana di Marzo, che era stata decisa per l’annuale spedizione alla ricerca dell'Arca, fan culo il tempo, i pericoli e le sfighe ........... domattina si va in Val Grande!

Venerdì 8-10-04

8.30 ritrovo nel piazzale delle piscine, puntatina dagli amici del LD di Vertemate per provviste e per far prendere un pò d’invidia anche a loro per quanto ci apprestiamo a fare.

11.30 la vista mozzafiato che appare dal ponte di Casletto non mancherà mai di emozionarmi, quanti tra coloro che passando da qui, volgono lo sguardo verso l'affascinante panorama e riescono ad immaginare l'immensità di questa valle.

Adriano e Paolo portano la macchina a Cicogna, mentre Gian ed io c’impegniamo al meglio per riempire gli zaini, favorendo come ovvio i loro per accogliere gli oggetti più pesanti.

12.30 Ponte di Casletto-Ponte di Velina

Fin da subito l'impresa consiglia il massimo della concentrazione le passerelle di legno, le poche rimaste, ed i sassi sono come sciolina per i nostri scarponi, giungiamo comunque al ponte di Velina in un ora e mezza, invece degli abituali 50 minuti.

Panino, birra, foto di rito e via alla volta d’Orfalecchio.

Il percorso è oltremodo ostico tra passerelle crollate, tronchi viscidi, cavi elettrici strappati, vuoti nelle cenge, riusciamo comunque a raggiungere la confluenza tra il riale Ancino ed il nostro fiume. Un passaggio in particolare aggrappati a nulla sul nulla, mi resterà fisso nella mente fino al momento di ritrovarlo lungo il percorso di ritorno.

Siamo effettivamente troppo carichi, forse sarà per i 15 litri di Birra, per i formaggi, le salamelle, le bistecche, i risotti, le penne ai funghi, il bottiglione di Rabboso, il panettone… fatto sta che la salita alla capanna d’Orfalecchio ci pare interminabile.

18.30 ci diamo da fare per rendere confortevole la capanna, c'è chi taglia la legna chi sistema le brande, chi fa le pulizie e chi accende la stufa.
La cena è ottima e manco a dirlo abbondante, Paolo, dopo essersi lamentato per tutto il giorno delle troppe birre portate e nonostante sia momentaneamente privo di denti mangia e beve più di tutti.
La notte, a parte il russare e lo zoccolare esterno ed il più preoccupante rosicchiare interno, passa tranquilla.

Sabato 9-10-04

Ore 8 partiamo dalla capanna, scendiamo subito al fiume e lo attraversiamo.
Troviamo quasi subito un sentiero sulla sinistra idrografica, lo seguiamo e lo perdiamo innumerevoli volte poi incomincia a salire e gli "ometti" continuano a guidarci sempre più su, Adriano vorrebbe continuare, ma io, visto che sono già passate 2 ore, ho paura di perdere ancora una volta il treno per l'Arca, lo convinco finalmente a scendere al fiume e seguirne il letto fino a destinazione.

ore 11 siamo al lago oltre la Val Cavrì davanti al quale c’eravamo arresi 18 mesi fa, risaliamo il costone di destra, dove Maurizio aveva detto:
- di qui non si passa.
Invece risalendo fino al letto dell'affluente successivo si può poi con qualche attenzione ridiscendere al fiume, ed eccola là in fondo le due torri dell'Arca per troppi anni sognate ma viste solo in fotografia.

Stento a crederci che l'anno scorso eravamo così vicini, qualche Madonna al povero Maurizio a casa con la sciatica, e proseguiamo.

ore 12 l'agognato canyon dell'Arca é di fronte a noi, chiedo, senza troppo insistere a Adriano di indossare le scomode mute e tentare di attraversarlo, ma sembra quasi che ci appaghi la sola vista di questa maestosa opera della natura.

Paolo al culmine dell'eccitazione, riappare nudo come un verme in cima ad un masso nel bel mezzo dell'Arca urlandoci:
- bastardi, avete passato anni sognando questo momento ed ora che siete finalmente qui avete paura a varcarne le porte, siete come innamorati che hanno paura di sverginare la fidanzatina ! ..... forse ha proprio ragione.

La grotta dell'Arca è un tempio dedicato allo spirito d’avventura, un ramo di betulla sorregge un cellophane a guisa di tendina, lumini multicolore a mo’ di ceri votivi, messaggi sui muri come geroglifici senza tempo.

Peccato le troppe bottiglie rotte e lattine abbandonate, pesavano di più da piene, perché non portarsele via con se?

Ritorniamo sui nostri passi, per modo di dire, visto che sul torrente è impossibile seguire al ritorno il percorso d'andata, quello che sembrava facile in un senso, può risultare impraticabile nell'altro.

Paolo, che era giunto miracolosamente asciutto fino all'Arca, nonostante i "bastardi" gli bagnavano i sassi su cui saltare, decide di concedersi un bagno nel laghetto alla confluenza della Val Cavrì, gli faccio volentieri compagnia, l'acqua non è affatto fredda nonostante la mancanza di sole.

Grazie ad un tronco che avevo sistemato come segnale su un masso, ritroviamo il punto dove eravamo scesi questa mattina al fiume, ritornati alla baita passiamo le ore che ci separano dalla cena leggendo i messaggi di quanti ci hanno preceduto, c'è anche quello di un numeroso gruppo francese e due righe dell'amico Pierluigi, sembrerebbe che nel 2004 solo 4 o 5 gruppi abbiano bivaccato ad Orfalecchio.

Domenica 10-10-04

Ore 7 incomincia a diluviare, si accende una discussione tra Paolo e Adriano su cosa sia meglio fare, il primo vuole rimanere fino a che il cielo non diventi sereno, il secondo, preoccupato che i rigagnoli laterali non diventino torrenti, impedendoci a quel punto il ritorno per non sa quanto tempo, propone di mettersi in viaggio appena spiove.
Non so cosa sia meglio fare, di certo il sentiero per il ponte di Velina già di per se stesso pericoloso, reso viscido dall'acqua diventa un incubo, leggere a proposito il diario di quanti si sono già trovati nelle nostre condizioni d'altra parte se entro sera a casa non ricevono una nostra telefonata…
Optiamo per partire!
Perdiamo subito le tracce del sentiero che scende al fiume, le ritroviamo e le riperdiamo, lottiamo col fango, con le pietre verdi, la pioggia scrosciante ci martella sulla testa, le mantelle ci fanno inzuppare i vestiti di sudore, sembra di rivedere le vecchie foto della ritirata di Russia, ma è vietato distrarsi, rimanendo concentrati al massimo superiamo uno ad uno tutti gli ostacoli ... e sono tanti e molto ma molto pericolosi.

Solo un attimo di brivido quando Paolo, ostinato a passare tutti gli ostacoli senza mai utilizzare la parte meno nobile, attraversando il famoso ponte sostenuto da un tronco a forcella, tende la fune che gli rimane in mano dopo aver spezzato di netto l'oramai marcio palo di sostegno.

Ore 12 siamo al ponte di Velina oramai fuori pericolo, festeggiamo con una birra e risaliamo verso l'abitato, sì non ho fatto una battuta, perché conosciamo Gianfri l'unico abitante permanente della valle, ragazzo simpaticissimo con tanto di capelli scolpiti a mo’ di simbolo della Val Grande e abituato a girarla in lungo in largo a piedi scalzi.

Ore 16 Cicogna, lungo il percorso abbiamo trovato decine di bellissime salamandre e migliaia d’enormi marroni che mostriamo soddisfatti a quanti si accontentano delle modeste castagne.
Ripassando dal ponte di Casletto decidiamo ancora di fermarci per un ultimo sguardo ... non vorremmo mai abbandonare questo luogo magico.



Vittorio, 02/12/2004